I timori dell’Unione Piloti (UP) che la licenza da pilota sarà sempre più legata alla partecipazione a corsi di formazione (molti dei quali i comandanti di più recente nomina hanno già effettuato) si stanno purtroppo rivelando fondati.
Lo dimostra l’articolo 11 del nuovo “Regolamento per il servizio di pilotaggio” il quale tra i compiti del capo-pilota, prevede anche l’obbligo di «accertare che i piloti effettivi partecipino ai corsi di formazione necessari al mantenimento della licenza da pilota».
E’ ovvio che con questi presupposti, la licenza servirebbe solo per accedere ad una Corporazione e non più all’esercizio della professione. Lascia l’amaro in bocca dover constatare come ad eccezione dell’Unione Piloti nessun altro componente della categoria abbia sollevato obiezioni.
Di fatto, il nuovo regolamento conferma il percorso che il Ministero dei Trasporti, in sintonia con Fedepiloti, ha inteso intraprendere anche in sede di discussione presso il MIT ed il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, della bozza del decreto interdirigenziale sulle “Linee guida per la formazione e la certificazione dei piloti dei porti”.
«L’approvazione del nuovo regolamento rappresenta il primo atto di un processo che sembra voglia minare la professionalità del pilota e che temo darà maggior vigore a Fedepiloti nel sostenere la necessità di recepire nel nostro ordinamento le raccomandazioni della famosa Risoluzione IMO A.960 (23) ma noi su questo terremo la barra dritta» – dichiara il presidente dell’UP, il Capitano Vincenzo Bellomo.
Finora, infatti, le Amministrazioni sono sembrate orientate a recepire le raccomandazioni contenute nella Risoluzione IMO A.960 (23). Su questo l’Unione Piloti ha intrapreso una battaglia, nell’interesse esclusivo della categoria, convinta com’è che l’ordinamento legislativo italiano non necessita di scossoni e sconvolgimenti in quanto le norme del Codice della navigazione ed relativo Regolamento, anche se datate, risultano molto più stringenti. «Senza dimenticare – aggiunge Bellomo – che scopo della risoluzione IMO è sopperire, in ambito internazionale, ad eventuali carenze legislative degli Stati, ma questo non è certamente il caso dell’Italia, il cui Codice e relativo Regolamento, disciplinano in modo dettagliato l’iter per la formazione ed il rilascio della licenza definitiva del pilota di porto».
Per l’UP, il rilascio della licenza di pilotaggio (che deve continuare ad avvenire mediante selezione da pubblico concorso, tirocinio di un anno con affiancamento a piloti più anziani ed esperti, ed esame finale) resta l’unico elemento indispensabile per l’esercizio della professione che – tra l’altro – dà anche all’Autorità Marittima la certezza di aver formato un professionista capace di erogare un servizio efficiente e indiscutibilmente garante della sicurezza.
«L’introduzione di un nuovo specifico certificato IMO che di fatto surroghi la licenza di pilota rilasciata dall’Autorità marittima – conclude Bellomo – significa dare il via ad una deriva privatistica del servizio di pilotaggio che invece deve continuare a conservare la sua unicità pubblicistica e di servizio di interesse generale. In sintesi, per noi spetta solo allo Stato attraverso il rilascio della “Licenza”, che avviene dopo un lunghissimo percorso di studio e formazione pratica, individuare e definire la figura del pilota».
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