IN RICORDO DI STEFANO LEOGRANDE

L'ex presidente della Caritas Diocesana è deceduto all'età di 68 anni. La testimonianza della giornalista Claudia Spaziani

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E’ scomparso all’età di 68 anni Stefano Leogrande, ex presidente della Caritas diocesana. Malato da tempo, è deceduto nella struttura sanitaria di San Bartolomeo di contrada San Paolo a Martina Franca.

I funerali si svolgeranno giovedì alle 9.30 presso la Chiesa di San Roberto Bellarmino, in Corso Italia. Appena tre mesi fa era deceduto all’improvviso il figlio Alessandro, 40 anni, noto scrittore e giornalista.

Per ricordare Stefano Leogrande pubblichiamo il ricordo della giornalista Claudia Spaziani, che ha scritto a lungo per Nuovo Dialogo e Radio Cittadella.

Stefano Leogrande, in viaggio per il Cielo!

 “Pensa, credi, sogna, O.S.A.”: la sua eredità socioculturale e spirituale

Maestro di carità, missionario, volontario. Ma soprattutto, un padre. Un papà tenero e affettuoso, guida ferma e sicura non solo per i suoi quattro figli carnali, di cui uno lo ha preceduto nella patria celeste il 26 novembre scorso (il giornalista e scrittore Alessandro Leogrande), ma anche per le decine di volontari, professori, giornalisti, educatori che lo hanno seguito nel suo percorso terreno e in cui ha lasciato indelebili tracce del suo amore per la vita e per gli ultimi. Stefano Leogrande è partito per il Cielo il 20 marzo, dopo aver lottato contro la malattia che lo aveva colpito negli ultimi anni al cervello. Un colpo ‘solo’ fisico, perché mente, anima e cuore erano rimasti intatti nella purezza, nella voglia di fare e farsi dono per gli altri. Docente di matematica e fisica per quarant’anni, fiduciario e vicario della scuola secondaria di primo grado “Ungaretti” – plesso dell’Istituto “Pirandello” di Paolo Sesto per quindici anni, direttore della Caritas diocesana per diciannove anni. Fondatore e animatore dell’O.s.a., Osservatorio degli Studi e degli Aiuti (o sull’Ambiente), cellula ecclesiale di spiritualità e volontariato, comunità di incontro tra culture, orientamenti politici, fedi diverse. Un gruppo attivo nella carità e culturalmente vivace, che ha avuto gli esordi tra i colleghi della scuola “Ungaretti” con aiuti concreti ai ragazzi disagiati del quartiere ‘delle case bianche’ (in particolare, ricordiamo la storia di Anna, un’ex allieva molto capace ma senza risorse, che grazie al gruppo ha potuto proseguire gli studi, dopo il diploma, in una prestigiosa scuola musicale all’estero). L’O.s.a. è stato il suo ultimo sogno realizzato. Il gruppo ha continuato fino a poche settimane fa a incontrarsi regolarmente nell’abitazione di Stefano, sostenuto sempre dalla moglie Maria, donna raffinata e umile, che ha condiviso con lui l’amore per i poveri e i sofferenti alla scuola di San Vincenzo de’ Paoli, alle cui conferenze – come lui stesso amava spesso ricordare – si erano conosciuti. Da un paio d’anni aveva riavviato una scuola di formazione al volontariato, su molteplici tematiche, dall’educazione alla carità alla custodia del creato, con focus sulla ‘Laudato si’ di Papa Francesco, di cui Stefano era fervente seguace. O.s.a. era il suo ‘motto’. Non solo un acronimo o uno slogan, ma un impegno concreto a osare, ad andare avanti con coraggio e determinazione. Essere missionari e volontari nella scuola era uno dei suoi chiodi fissi. Educare col cuore, con la passione per il futuro dei ragazzi, soprattutto quelli più disagiati. Il professore amava il suo lavoro, i suoi ragazzi, che incitava e rimproverava con fare fermo, deciso ma paterno. Egli ha sempre voluto creare un volontariato socioculturale: «Io credo che la comunità democratica e civile, nonché la Chiesa, debbano rompere l’isolamento, andare fino in fondo e agire» disse in un’intervista rilasciata al nostro giornale diocesano, che ha dedicato un’intera rubrica alla sua O.s.a. nel 2011 e diversi articoli anche nel 2016. «Io sono grato alla formazione avuta nel sociale, attraverso tanti anni di volontariato. Ho imparato che bisogna saltare le barriere. Il volontariato socio-culturale mira ad aiutare l’uomo ad ascendere socialmente e spiritualmente. Insegnanti, alunni, famiglie, messi insieme, possono creare una ricchezza culturale che non può ripiegarsi su se stessa. Occorre riscoprire la carità». Quando parlava delle sue esperienze di volontariato, lo faceva sempre con umiltà: «Ho dei pentimenti, perché avrei potuto fare meglio ed evitare alcuni errori. Tuttavia, mi sono sempre rialzato. Dai campi di lavoro Caritas in Albania alla scuola “Ungaretti”, con tanti volontari generosi, abbiamo potuto realizzare servizi di doposcuola, laboratori di scienze, meccanica, cucina, un orto. Nel 2004 abbiamo realizzato il progetto “Il quartiere nella scuola”. Nel 2011 abbiamo vinto un concorso sul Quotidiano per i 150 anni dell’Unità d’Italia, con i ragazzi del quartiere. Con le mamme abbiamo creato dei laboratori. Con molti colleghi abbiamo creato il punto di incontro O.s.a., un camminare insieme che ancora oggi continua. Credo molto nella continuità di un mestiere, di una missione. La continuità è uno dei cinque punti fondamentali del volontariato di cui parlava Mons. Nervo, fondatore della Caritas italiana, assieme alla spontaneità, alla gratuità, alla socialità e al “ripartire dagli ultimi”». È questa l’eredità più grande che Stefano maestro e profeta lascia ai suoi figli, carnali e spirituali, alla Sua comunità, alla città ionica per cui ha speso tutte le sue energie fino all’ultimo: «Vorrei creare un centro permanente di volontariato socioculturale, una catechesi continua, per portare una luce e una cultura d’amore nel cuore di ogni uomo. Il mio sogno è poter continuare a condividere questo cammino con tante altre persone». Il suo sogno, come testimoniano i tantissimi volontari-docenti ed educatori dell’O.s.a., della Caritas e della parrocchia che lo hanno seguito, continua.

Claudia Spaziani

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