L’Ilva non ha più soldi in cassa, oramai ne abbiamo la certezza. Se l’indotto decide di fermare le macchine si ferma la fabbrica, ma ancora questo dettaglio non è chiaro a chi si occupa della trattiva di vendita. E invece che trovare soluzioni che si fa? Si annullano i tavoli programmati per parlare di questa grande vertenza che riguarda le ditte e i lavoratori dell’appalto. E questo perché ancora a Roma non riescono a trovare la quadra sul futuro dell’Ilva, anche perché le parti politiche sono troppe impegnate a rispondersi sui social piuttosto che a condurre in porto una trattativa spinosa e difficile. La rottura del negoziato danneggia nel qui e ora le aziende che hanno fatture scadute e non liquidate da parte dei Commissari, e che ancora piangono il pregresso ma corrisposto.
Sono mesi che sentiamo sempre le stesse parole e sempre le stesse accuse, mentre l’indotto muore lentamente sotto gli occhi di tutti. Le aziende devono entrare pienamente nella partita di cessione dell’Ilva, non sono solo una costola della vertenza sono parte integrante del futuro del siderurgico. Fino ad oggi l’appalto ha continuato a garantire continuità produttiva all’Ilva in tutte le sue fasi, ha sopportato ogni schiaffo subito, ma è chiaro che ora non sia più il tempo di restare in silenzio.
Qualora l’indotto decidesse di marciare a Bari o a Roma in questa delicata fase io sarò con loro, come ho già fatto in passato, e sarò con loro anche se decidessero di incrociare le braccia per ottenere attenzione, garanzie e tutele. Lascio agli altri le parole e i botta e risposta, e preferisco indossare scarpe comode e camminare accanto ad aziende e lavoratori.
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