Gran Loggia d’Italia: l’8 marzo come festa di impegno e di consapevolezza

Per il Gran Maestro Romoli è necessaria una nuova grammatica sociale.

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«Deve essere un 8 marzo di impegno e di consapevolezza profonda quello che quest’anno celebriamo». Con queste parole Luciano Romoli, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M., ha voluto ribadire la centralità di questa ricorrenza per il percorso futuro di sviluppo dell’umanità: «la storia preme, ci sollecita a mettere da parte ogni indugio, dobbiamo comprendere che è l’ora delle donne Nessun ritardo è più ammissibile, nessuna ambiguità. La Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M. lotta al fianco delle donne a tutte le latitudini: migranti, rifugiate, sfruttate, vittima di una discriminazione spesso strisciante sottotraccia, gravemente lesiva dell’autonomia di pensiero e della libertà, valori fondanti su cui poggia l’impegno della Libera Muratoria».

Il lavoro da fare è ancora tanto, se consideriamo che ogni giorno – secondo stime dell’OMS – 137 donne sono vittime della follia omicida esercitata da uomini sconsiderati animati dalla sete di possesso, che si può ancora morire per aver indossato male il velo, o semplicemente per aver mancato di “rispetto” a un “compagno” che ritiene di essere padrone della vita altrui.

«Il gap più grave – secondo l’analisi di Romoli – non è quello economico, si sa che le donne al potere determinerebbero una crescita decisiva del PIL, perché è sul piano della giustizia, dell’inclusione sociale e dei diritti umani che ogni giorno si compie uno scempio inaccettabile. La spiritualità e i principi in cui crediamo impongono una reazione, e una condanna netta di ogni sopruso».

Per il Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia, le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo il quale riservare alle donne ambiti marginali è un fattore di rallentamento per la crescita del Paese, rappresentano «una riflessione condivisibile che intende sollecitare le classi dirigenti e il corpo collettivo a recuperare quel sentimento morale che ci fa sentire pienamente parte dell’unica specie umana».

Esiste inoltre, e sarebbe grave sottovalutare, una crisi del modello di leadership maschile, che tende a espellere la diversità. In conclusione, per Luciano Romoli; è tempo di rimettere al centro «relazioni di cura – come ha recentemente scritto la politologa Chiara Tintori – di presa in carico degli altri, cominciando dai più fragili e dalle periferie, geografiche ed esistenziali della nostra Penisola. Abbiamo bisogno di una nuova grammatica sociale, perché il pieno riconoscimento della leadership femminile è, prima di tutto, un riconoscimento culturale e sociale, per questo deve saper travalicare il perimetro delle ideologie e di ogni soffocante pregiudizio».

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