FALSI DATI CO2 EX ILVA, TUTTI GLI INDAGATI

C'E' ANCHE L'EX AMMINISTRATRICE DELEGATA MORSELLI

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Dati falsificati sulle emissioni di Co2 per ottenere vantaggi nell’assegnazione delle quote di emissione gratuite. Una nuova tegola giudiziaria si abbatte sull’ex Ilva nei giorni in cui il governo prova a gettare le basi per la vendita del colosso siderurgico e viene chiesta la cassa integrazione per 5200 dipendenti, oltre metà della forza lavoro. L’ultima inchiesta condotta dalla procura di Taranto, che già indagava sulle emissioni di benzene e l’esecuzione delle manutenzioni degli impianti, riguarda una presunta “artificiosa manipolazione” dei dati relativi alle emissioni di Co2 riconducibili alle attività di Acciaierie d’Italia in epoca antecedente alla sottoposizione della società alla procedura di amministrazione straordinaria. I finanzieri del comando provinciale di Bari questa mattina hanno notificato un decreto di perquisizione – di 38 pagine – emesso dalla Procura ionica nei confronti di 10 persone, tra cui l’ex amministratrice delegata Lucia Morselli, che devono rispondere di truffa in danno dello Stato. Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche Carlo Kruger, che era segretario della Morselli; Sabina Zani di PriceWaterCooper, consulente contabile di AdI; gli ex procuratori speciali dell’azienda Francesco Alterio, Adolfo Buffo, Paolo Fietta e Antonio Mura (quest’ultimo con funzioni di Direttore Finanze Tesoreria e Dogane), gli ex direttori di stabilimento Vincenzo Dimastromatteo e Alessandro Labile e il dipendente Felice Sassi. Perquisizioni sono state effettuate nello stabilimento siderurgico di Taranto e nelle abitazioni degli indagati nelle province di Taranto, Bari, Milano, Monza-Brianza e Modena, per acquisire sistemi informatici, notebook, tablet e telefoni cellulari alla ricerca di riscontri investigativi. “Avevamo ragione a riprendere in mano l’ex Ilva con l’amministrazione straordinaria. Questo è l’unico commento che posso fare”, ha dichiarato il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso. In sostanza, secondo la tesi dell’accusa, l’azienda siderurgica avrebbe aggirato il Sistema europeo di scambio di quote di emissione (EU ETS) che fissa un tetto massimo al livello complessivo delle emissioni consentite a tutti i soggetti vincolati, con l’obiettivo di mantenere alti i prezzi dei titoli per disincentivare la domanda e, pertanto, indurre le imprese europee ad inquinare meno. In relazione alla restituzione delle quote Co2 consumate nel 2022 e all’assegnazione di quelle a titolo gratuito per il 2023, Acciaierie d’Italia (la vecchia gestione) avrebbe attestato nel piano di monitoraggio e rendicontazione al Comitato Ets falsi quantitativi di consumi di materie prime (come fossile e gas), di prodotti finiti e semilavorati e relative giacenze, così alterando i parametri ‘fattore di emissioni’ e ‘livello di attività’. L’azienda avrebbe quindi dichiarato al registro EU ETS un numero di quote Co2 pari a 4,7 milioni, inferiore a quello effettivamente emesso, inducendo in errore il Comitato ministeriale, che provvedeva ad assegnare gratuitamente allo stabilimento ex Ilva di Taranto, per l’anno 2023, un ammontare di quote pari a poco più di 6 milioni e 429mila per un valore complessivo di circa 517 milioni di euro, superiore a quelle realmente spettanti. Gli indagati, stando alla ricostruzione dell’accusa (sostenuta dal procuratore Eugenia Pontassuglia e il pm Francesco Ciardo) in tal modo avrebbero procurato un ingiusto profitto ad Acciaierie d’Italia spa consistito, da un lato, in un risparmio di spesa, realizzato con la restituzione allo Stato in misura inferiore di quote Co2; dall’altro, nei maggiori ricavi determinati dal riconoscimento di quote di Co2 gratuite in misura eccedente e con pari danno del mercato primario delle aste pubbliche dello Stato.

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