“La situazione insostenibile in cui versano le aziende dell’indotto ex Ilva di Taranto, e contestualmente lo stesso stabilimento, che marcia con un unico altoforno rischiando uno spegnimento irreversibile, impongono alcune scelte drastiche ed urgenti”. E’ questa la posizione espressa da Confindustria Taranto, che chiede un ulteriore confronto con il ministro del Mimit, Adolfo Urso, e pone una serie di proposte “al fine di scongiurare quella che si prospetta, a brevissimo, come una vera e propria tempesta perfetta, in cui nessuno si salva: né lo stabilimento, né i lavoratori, né le aziende e tantomeno la città, che da anni attende una riconversione in chiave green di uno stabilimento che una volta spento produrrebbe solo abnormi criticità”. “Confindustria Taranto prende inoltre atto della incapacità, non voluta ma imposta dalle circostanze, di buona parte delle aziende dell’indotto, a garantire continuità lavorativa: sono le stesse imprese che già da mesi denunciano assenza di liquidità per i crediti non corrisposti, oramai al limite della esasperazione. Pertanto, chiama ancora una volta alle sue responsabilità il management di Acciaierie d’Italia, unico reale responsabile di una gestione scellerata e di una situazione oramai fuori controllo”. Fra le proposte dell’associazione degli industriale “c’è la richiesta al Governo di delineare il perimetro esatto in cui ricade la tipologia di imprese definite dell’ ‘indotto’ (un passaggio di estrema importanza nel delicato passaggio alla amministrazione straordinaria) e la possibile cartolarizzazione dei crediti delle ditte fornitrici, attraverso un Ente di Stato, che consentirebbe alle stesse imprese di poter beneficiare di una boccata d’ossigeno utile a traguardare la difficilissima congiuntura e tornare subito al lavoro”.
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