CORONAVIRUS, MORTO L’EX MAGISTRATO TARANTINO FRANCESCO SAVERIO PAVONE

Dal Liceo "Archita" alla carriera che lo ha portato alla ribalta nazionale

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PADOVA. È morto l’ex magistrato Francesco Saverio Pavone, acerrimo nemico del boss della Mala del Brenta Felice Maniero e testimone, dagli anni ’80, della storia criminale del Veneto. Da due settimane era ricoverato all’ospedale all’Angelo di Mestre, dopo essere risultato positivo al coronavirus. Ieri si è spento in un letto di terapia intensiva a causa della grave insufficienza polmonare. “Mio papà, dopo settimane di lotta, non ce l’ha fatta: il coronavirus me lo ha portato via senza pietà, senza che io potessi neanche abbracciarlo”, è lo sfogo della figlia Antonella su Facebook. Nato a Taranto il 25 marzo 1944, è andato in pensione nel 2016 da procuratore capo di Belluno.
Ma è a Venezia che si svolge la parte più consistente della sua carriera. Incrocia Felice Maniero la prima volta nel 1983 per l’omicidio di Ottavio Andreoli, boss che non si voleva piegare a “faccia d’angelo”. Tre anni dopo il pool di Pavone ricostruisce l’organigramma completo della banda che stava seminando il terrore in Veneto, generando così il primo processo (quello del 1994), con Felicetto condannato a 33 anni per associazione di stampo mafioso. Francesco Saverio Pavone ha vissuto sotto scorta dal 1989 al 2006, per via delle minacce che arrivavano sia dai sodali dalla Mala del Brenta che dalla mafia siciliana.

LA SCHEDA – Francesco  Saverio  PAVONE  era nato a Taranto e si era maturato al Liceo “Archita” per poi laurearsi in giurisprudenza all’ Università di Bari. Ha svolto tutta la sua carriera di magistrato, ricoprendo le varie funzioni, a Venezia; dal gennaio 2013 è a Belluno quale Procuratore della Repubblica presso il Tribunale. Si è occupato sempre, tranne che per brevi periodi, di funzioni inquirenti; non solo di indagini relative a fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso “nostrano”, ma anche di associazioni a delinquere straniere quali mafia nigeriana, russa, albanese e cinese attive nel traffico di stupefacenti, riciclaggio di denaro provento di delitti, e, nella riduzione in schiavitù di giovani donne dal set europeo per avviarle alla prostituzione. Tra i procedimenti trattati dal dott. Pavone vanno ricordati in particolare quelli legati alla c.d. Mafia del Brenta, associazione criminale capeggiata da Felice Maniero del tutto debellata con la condanna definitiva di tutti i suoi affiliati.  Da sottolineare che questa indagine fu con- dotta senza la presenza di collaboratori di giustizia. Al nome del dott. Pavone è legata un’ altra importante indagine relativa a un’ organizzazione criminale che aveva portato a termine trenta sequestri di persona a scopo di estorsione, i cui componenti circa ottanta, furono tutti condannati. Nel corso delle sue attività il dotto Pavone ha collaborato con autorità di polizia e giudiziarie di molti paesi tra cui Francia, Svizzera, Germania, Bulgaria, Romania, ex Jugoslavia, Israele, Marocco, Argentina e Olanda.

C’è un aneddoto che Pavone amava raccontare raccontava: il giorno della strage di Capaci avrebbe dovuto incontrare Giovanni Falcone a Roma, nel suo ufficio di direttore degli Affari Penali, per le carte di una rogatoria. La sera prima la segreteria lo chiamò spostando l’appuntamento al mercoledì successivo. Finì come tutti sanno. A gennaio 1994 venne spostato alla Direzione distrettuale antimafia, dove rimase fino a luglio del 2008, svolgendo un’indagine sulla mafia russa che coinvolgeva anche i servizi segreti italiani. Da Procuratore capo di Belluno interrogò due volte Angelo Izzo, il mostro del Circeo, nell’ambito dell’inchiesta sul giallo della morte di Rossella Corazzin il 21 agosto 1975. I colleghi lo ricordano come un magistrato instancabile e caparbio. “Grazie al reparto di Rianimazione di Mestre e al dottor Terenzio Violo che mi ha permesso di vederlo, anche se da dietro un vetro. Ciao papà”, scrive la figlia sui social.

IL RICORDO DI LOREDANA FLORE

Qui di seguito, una lettera inviata all’associazione “Libera”, di cui peraltro fa parte, dalla professoressa Loredana Flore, già docente del Liceo “Archita” di Taranto.

“Carissimi, a proposito della scomparsa del dott. Francesco Saverio Pavone, prematuramente portato via dal virus,  vorrei ricordare un episodio del 2015.

Quell’anno come Liceo “Archita” partecipammo, su invito di Libera, al Concorso letterario Cristina Pavesi, giovane vittima innocente della mafia del Brenta.

Prima classificata a livello nazionale, con un racconto breve, fu la nostra studentessa Virginia Cimmino, che ricevette il premio a Campolongo Maggiore (Venezia), nel corso di una festa della legalità alla quale partecipava anche il Procuratore Capo di Belluno, dott. Pavone, tarantino, ex allievo dell’Archita.

Il dott. Pavone, con grande affabilità, ebbe modo di congratularsi vivamente con Virginia, né mancò di chiedere notizie della città e del suo liceo.

Questo episodio è riportato nel n.38 di Galaesus e ho voluto richiamarlo per “dare un volto” al dott. Pavone, magistrato sempre in prima linea, molto legato alla nostra associazione Libera”.

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