Il Comune di Taranto ha chiesto oggi al Consiglio di Stato di non differire l’udienza del 13 maggio prossimo nel quale dovrà pronunciarsi sulla sentenza del Tar Lecce che lo scorso febbraio ha confermato una ordinanza del sindaco di Taranto di febbraio 2020, relativa allo spegnimento degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva, ora ArcelorMittal, perché ritenuti inquinanti. La sentenza del Tar Lecce è stata attualmente sospesa a marzo dallo stesso Consiglio di Stato in attesa del giudizio di merito. Il Comune ha chiesto ai giudici di Palazzo Spada di confermare la data del 13 maggio in quanto “l’amministrazione comunale ha ricevuto un ulteriore atto di appello da parte del Ministero della Transizione Ecologica (già Ministero dell’Ambiente). A rigore – spiega il Comune -, la ricezione di questo atto comporta lo slittamento dell’udienza, e la tempistica con cui è stato ricevuto fa pensare che sia questo l’intento del Ministero. Il Comune, invece, ha sempre sostenuto l’importanza di una decisione in breve termine sulla vicenda, alla luce del fondamentale diritto alla salute coinvolto”. “A questo punto – rileva l’amministrazione – la palla passa alle controparti Arcelor Mittal, Ilva e Ministero, che potrebbero invece insistere per lo spostamento della decisione” rispetto alla data del 13 maggio. Nel giudizio al Consiglio di Stato, ArcelorMittal, gestore della fabbrica, Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria dello stabilimento, Invitalia, partner pubblico di ArcelorMittal nella nuova società Acciaierie d’Italia, e l’ex Ministero dell’Ambiente, chiedono il rigetto della sentenza del Tar Lecce. Regione Puglia, Comune Taranto e Codacons chiedono invece che sia confermato lo spegnimento degli impianti dell’acciaio. “ “Voglio confermare alla cittadinanza – ha dichiarato oggi il sindaco Rinaldo Melucci – che stiamo facendo tutto il possibile per arrivare nel più breve tempo a una soluzione della vicenda e dei gravi problemi che interessano la nostra popolazione”. “Vedremo – ha concluso Melucci – se anche le altre parti avranno a cuore gli stessi obiettivi, o se invece, al di là delle dichiarazioni pubbliche, preferiscono perdere ulteriore tempo prima che il giudice si pronunci”. (AGI)
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