CEMITALY VUOLE CHIUDERE DEFINITIVAMENTE STABILIMENTO TARANTO

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Cemitaly, del gruppo Italcementi, vuole dismettere definitivamente lo stabilimento di Taranto, ex Cementir. Il complesso nell’area industriale di Taranto, a poca distanza dall’ex Ilva è completamente fermo da tre anni, da quando un’inchiesta giudiziaria portò al sequestro della loppa del siderurgico, materiale usato da Cemitaly per il cemento prodotto a Taranto. Da allora i dipendenti (attualmente 52) sono in cassa integrazione straordinaria a zero ore. “Nonostante il passaggio da Cementir del gruppo Caltagirone a Cemitaly di Italcementi, lo stabilimento di Taranto non è mai ripartito, né è stato rilanciato – spiega all’AGI Francesco Bardinella, segretario Fillea, il sindacato degli edili Cgil – in anni lontani  aveva i forni di produzione del cemento, che sono stati dismessi a inizio 2014. Da allora, ha funzionato solo come centro di macinazione, poi il sequestro della loppa siderurgica ha completamente fermato lo stabilimento nel 2018”.

“Quando ho chiesto all’azienda – aggiunge Bardinella – se le conseguenze del sequestro della loppa, ad alcuni anni di distanza, ci fossero ancora, la risposta di Cemitaly è stata affermativa. Per loro, le criticità sussistono”. “L’azienda ha messo sul mercato il sito di Taranto e insieme a noi, organizzazioni sindacali, ha fatto richiesta alla Regione Puglia perchè convochi il tavolo della task force lavoro e occupazione – annuncia Bardinella. Ad un mese dalla richiesta, però, non abbiamo alcun segno da parte della Regione”. “C’è molta preoccupazione per i lavoratori perchè a metà settembre scade la cassa integrazione straordinaria – rileva Bardinella – sino a qualche tempo fa, la cassa veniva prorogata di anno in anno intorno alla metà di dicembre, poi Cemitaly ha interrotto questa tipologia di ammortizzatore sociale ed ha fatto ricorso alla cassa integrazione Covid, che però è finita il 30 giugno. Dal primo luglio, quindi, Cemitaly ha ripristinato la cig straordinaria per le aree di crisi industriale complessa quale è Taranto. Ma la cassa sta terminando e c’è un vuoto assoluto di prospettive”. “Ci preoccupa il futuro dei lavoratori – dice Bardinella – vorremmo capire se per loro, che non hanno una età media elevata, c’è una qualche prospettiva di ricollocazione nei nuovi programmi di impresa che si annunciano per l’area di Taranto. I lavoratori si sono progressivamente ridotti negli anni. Erano oltre 100 con Cementir, sono scesi a 70 quando è arrivata Cemitaly e adesso sono 52. Ma ci preoccupa anche la sorte del sito industriale, dell’area, che è molto estesa”. “Con lo stabilimento definitivamente dismesso dalla Cemitaly lì – rileva  Bardinella – si apre un grande problema di desertificazione industriale. Cementir a Taranto ha più di 60 anni. È una realtà arrivata negli anni della vecchia Italsider di Stato. Cemitaly è ferma sul punto, dello stabilimento di Taranto non ne vuole sapere. Sta solo ultimando il ripristino della calata 4 nel porto per riconsegnarla a fine anno, una volta ultimati i lavori, all’Autorità portuale da cui l’ha avuta in concessione”. Anni addietro il gruppo Cementir annunciò un piano da circa 190 milioni di euro per il rilancio del sito industriale di Taranto, poi la crisi del cemento e il sequestro dell’Ilva, che è del 26 luglio 2012, da cui Cementir traeva la materia prima per la produzione, hanno azzerato questa possibilità. Da allora la crisi del sito si è andata progressivamente avvitando. (AGI)

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