Nella settimana che dovrebbe portare alla firma dell’accordo di coinvestimento tra Invitalia e ArcelorMittal, con l’ingresso dello Stato nel capitale della società siderurgica, prima col 50 per cento e poi al 60 nel 2022, si radicalizza a Taranto lo scontro, per nulla nuovo, tra chi vuole il mantenimento dell’area a caldo, sia pure innovata tecnologicamente e resa sostenibile ambientalmente, e chi, invece, l’avversa e ne propone la progressiva e graduale chiusura perché fonte di inquinamento. L’area a caldo è il cuore produttivo del siderurgico. Comprende infatti altiforni e acciaierie senza delle quali non sarebbe possibile la produzione dell’acciaio – almeno per come è strutturato oggi lo stabilimento di Taranto – da trasformare poi in coils. I rotoli di acciaio che sono il prodotto commerciale e che alimentano anche il lavoro del siderurgico di Genova. I sindacati ne chiedono il mantenimento perché senza area a caldo tutta la fabbrica non c’è più. Regione Puglia e Comune di Taranto, invece, no. Tant’è che il governatore pugliese Michele Emiliano e il sindaco Rinaldo Melucci hanno convocato per il 9 dicembre una video call per insediare il Tavolo dell’accordo di programma per giungere appunto alla chiusura dell’area a caldo. La convocazione di Emiliano e Melucci per mezzogiorno del 9 recita: “Costituzione del Tavolo per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma per la bonifica pubblica, il risanamento ambientale, la riconversione e lo sviluppo del polo siderurgico di Taranto”. E governatore e sindaco specificano che l’accordo (sul modello Genova e Trieste, che hanno già chiuso le rispettive aree a caldo siderurgiche, ma erano molto più piccole rispetto a Taranto) dovrà tra l’altro contenere “le previsioni necessarie alla chiusura delle lavorazioni siderurgiche a caldo dell’acciaio, il riassetto e lo sviluppo di lavorazioni siderurgiche carbon free in attuazione del piano industriale, le tutele occupazionali e reddituali”. Insieme alle due istituzioni, anche parlamentari locali e consiglieri regionali pugliesi di maggioranza (Pd e M5S), i movimenti e i comitati ambientalisti di Taranto, e un solo sindacato, l’Usb. Il punto è che proprio l’accordo che si accingono a firmare ArcelorMittal e Invitalia (piano approvato dal Governo col premier Giuseppe Conte che da ormai per chiuso l’accordo) prevede l’area a caldo. Riammodernata con l’importante investimento della ricostruzione dell’altoforno 5, oltre al nuovo forno elettrico e al nuovo impianto di preridotto per la decarbonizzazione.
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