Nessuna valutazione preventiva del danno sanitario, nessuna innovazione del processo produttivo; in cambio, 4.000 esuberi subito (che diventeranno 5.500 nel 2023), assunzioni col Jobs Act – quindi senza l’articolo 18 –, riduzione drastica dei diritti acquisiti, premi di risultato che molto probabilmente non verranno più elargiti, limitazioni al diritto di sciopero.Il piano di Mittal è chiaro: schiacciare definitivamente i lavoratori per aumentare al massimo lo sfruttamento. Come e peggio dei Riva.
Questo è il “pacco” che il governo targato PD fa alla città di Taranto: migliaia di cassintegrati e il taglio delle retribuzioni, cioè un colpo durissimo per tutta l’economia del territorio. Ora si prova a mettere i lavoratori davanti ad un aut aut, con una trattativa sindacale che il ministro Calenda vuole ridurre ad una farsa, decidendo di schierarsi in maniera palese dalla parte di Mittal, di fatto regalando all’ennesima multinazionale uno dei più importanti asset strategici italiani.
D’altronde la sua scelta il governo l’ha già fatta col Piano ambientale, rifiutando le osservazioni presentate dalle associazioni ambientaliste e dalla Fiom. Una scelta che privilegia il profitto contro il diritto alla salute.Ma la battaglia non è ancora finita. Anzi, ora più che mai è il momento di creare un unico fronte tra la città e gli operai, sia dell’Ilva che dell’indotto. Serve un salto di qualità da parte di tutti per evitare che si ripeta quello che già è successo con i Riva. Come Potere al Popolo saremo al fianco dei lavoratori per sostenere ogni iniziativa di lotta che verrà messa in campo per salvaguardare la salute e difendere il lavoro.
La svendita a Mittal va impedita; Ilva dev’essere di proprietà pubblica, sottoposta al controllo democratico di cittadini e lavoratori. Serve un grande Piano di investimenti pubblici che garantisca la salute e crei occupazione in un territorio sempre più disperato.