La riaccensione dell’altoforno 1 nello stabilimento ex Ilva di Taranto è accompagnata dalle polemiche e dalle contestazioni. Il ministro delle imprese e made in Italy Adolfo Urso ha presieduto una cerimonia per la ripartenza dell’impianto, fermo da agosto 2023 per manutenzione, mentre all’esterno della fabbrica era in corso di un sit-in di cittadini e attivisti di associazioni e comitati che avevano preparato un simbolico “foglio di via” da consegnare al rappresentante del governo. L’altoforno 1, che si affianca all’altoforno 4, l’unico in marcia dal gennaio scorso, consentirà una risalita produttiva. L’impianto è però destinato a fermarsi nuovamente per il rifacimento del crogiolo nei primi mesi del 2025, quando rientrerà in funzione l’altoforno numero 2. Un periodo di transizione in attesa della costruzione dei due altiforni elettrici previsti dal piano industriale illustrato alla fine di aprile. Presenti alla cerimonia di accensione, trasmessa in differita su uno schermo della sala conferenze che ha accolto le autorità, i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria e di Ilva in as. Già alla vigilia aveva declinato l’invito a partecipare il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, per il quale gli sforzi istituzionali devono andare “nella esclusiva direzione della radicale riconversione del ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico”. Ma Urso ha spiegato che “la Commissione europea ha autorizzato il prestito ponte perché abbiamo dimostrato con un programma concordato con i sindacati, le associazioni datoriali e gli enti locali che nel processo di decarbonizzazione occorresse mantenere in vita gli impianti e tra questi l’altoforno 1. La sua ripartenza era necessaria. Mi sembra elementare e mi stupisco che qualcuno si stupisca di questo”. Oggi, ha osservato invece il commissario di Adi Giancarlo Quaranta “non celebriamo nulla, se non lo sforzo di tornare alla normalità nello stabilimento siderurgico di Taranto. Il ripristino di Afo1 segna il primo passo necessario che porterà alla decarbonizzazione e all’implementazione dei forni elettrici grazie ad ingenti investimenti”. Il ministro Urso ha ricordato che dopo la prima fase finalizzata alla vendita sono giunte 15 manifestazioni di interesse, tre per l’acquisto dell’intero gruppo (la famiglia indiana Jindal con Vulcan Green Steel, il gruppo Stelco e la società dell’Azerbaijan Baku Steel Company), le altre per singoli asset (tra queste Marcegaglia e Sideralba). “Entro fine novembre – ha puntualizzato – coloro che vogliono acquisire gli impianti dovranno farsi avanti, dopodiché i commissari analizzeranno le proposte e, verosimilmente, entro febbraio del 2025 potranno assegnare gli asset”. I delegati della Fiom Cgil questa mattina hanno distribuito un volantino ai cancelli dello stabilimento siderurgico di Taranto. Per il sindacato dei metalmeccanici “il governo deve prendere la decisione di entrare nel capitale dell’ex Ilva” ed “evitare la vendita spezzatino”. Mentre le associazioni di ambientalisti e alcuni comitati di cittadini parlano di “bomba inquinante”. Urso ha replicato rammentando che “l’esperienza di AdI di questi 5 anni non è proprio edificante perché il governo di allora volle la partecipazione di Invitalia con una quota piuttosto significativa del 38% e i risultati sono quelli noti a tutti. Il fatto che lo Stato partecipi non è garanzia di successo, anzi. Ma noi vigileremo su tutto”. Comunque, ha assicurato il ministro, “attraverso il golden power che sarà esercitato dal mio dicastero blinderemo il processo di vendita dell’ex Ilva sia sul piano degli investimenti, sia sui livelli produttivi e occupazionali sia su quelli della salute e dell’ambiente. La politica di questo governo è quella di indicare la strada e garantire i cittadini e i lavoratori”.
“Non è vero che sia stato concordato alcunché con le istituzioni comunali e regionali. Tutti ci aspettavamo l’inizio dei lavori per la costruzione dei forni elettrici DRI per attuare la decarbonizzazione, con abbattimento delle emissioni nocive per la salute del 95% e del CO2 del 50%. Come è noto il governo ha definanziato la costruzione dei forni elettrici a DRI, che erano invece previsti dal Pnrr, ed il ministro Pichetto Fratin nel corso della Fiera del Levante dell’anno scorso si era impegnato a rifinanziare con l’Fsc nazionale la costruzione dei forni elettrici da parte della società governativa guidata da Stefano Cao”. Lo afferma il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, in risposta alle dichiarazioni rese a Taranto dal ministro delle Imprese Adolfo Urso a margine della ripartenza dell’altoforno 1 dell’ex Ilva. “In questo ambito – aggiunge – avevamo sempre sconsigliato la riattivazione dei forni a carbone per evitare infrazioni europee già segnalate dalla Corte di Giustizia e la possibile riattivazione di fonti inquinanti che avrebbero potuto determinare la commissione di altri reati. Tanto era stato ribadito da me personalmente ai commissari nominati dal Governo nel corso dell’audizione che si è svolta presso il Consiglio regionale della Puglia e anche a loro – conclude il governatore – avevamo sconsigliato la strada che oggi è stata intrapresa”.