“Stiamo per esplodere: il sistema è sotto pressione da un pezzo, perché ad ogni medico dell’ASL tarantina si chiedono già turni straordinari rispetto alle 38 previste da contratto. Se a questo si aggiunge l’obbligo di prestare servizio in reparti per i quali non si possiede la specializzazione adeguata, il sistema sanitario tarantino è destinato ad un sicuro crash”.
Sono le parole di Annunziata Marangelli RSA della FP CGIL Medici all’interno dell’ASL di Taranto, che insieme a Maria Teresa Coppola, coordinatrice Provinciale della FP CGIL Medici e dirigenza del Servizio Sanitario Nazionale ha chiesto un incontro urgente all’ASL tarantina dopo il nullaosta fornito dall’assessore regionale alla Sanità Rocco Palese per l’utilizzo all’interno dei Pronto Soccorso pugliesi di tutti i medici in servizio nei reparti, diffidando l’ASL di Taranto dall’applicare interventi non condivisi che violano non solo i termini contrattuali ma anche la dignità dei professionisti e il diritto alla salute dei cittadini.
“La ASL di Taranto non ha proceduto ancora con nessun ordine di servizio ma è evidente che la situazione rischia di esplodere da un momento all’altro. Esiste una sentenza della Consiglio di Stato che dice che non si possono utilizzare medici che non hanno competenza nella sanità di emergenza-urgenza – dicono le rappresentanti sindacali – e poi esiste anche il buon senso e la responsabilità che si dovrebbe avere quando si tratta della salute delle persone. Mandare un neurologo in PS equivale a mandare un ortopedico in nefrologia. Si fa danno in entrambi i casi. Alla fine la corda logora rischia di spezzarsi e ci sono i pazienti ai quali va garantito il diritto alla salute con prestazioni appropriate ed efficaci”.
Il principio secondo la FP CGIL Medici è sempre lo stesso: a tirare la coperta da una parte o dall’altra, si finisce sempre per lasciare scoperti i cittadini in ogni caso.
“Se sposti un medico da un reparto è inevitabile che poi è proprio quel reparto a rimanerne sguarnito lasciando la risposta di salute inevasa” – dicono Marangelli e Coppola.
“La carenza di medici, infatti, non interessa infatti soltanto i pronto soccorso – spiega Maria Teresa Coppola – ma tocca, con maggiore o minore criticità, la totalità delle branche. Svuotare i reparti per garantire i turni in pronto soccorso depaupererà i reparti e i servizi, creando un pericoloso e grave rischio di riduzione della qualità dell’assistenza all’utenza”.
In caso contrario, si profila un’estate caldissima.
“Siamo gli stessi che hanno dovuto affrontare con esiguità di mezzi e di organico l’emergenza pandemica, siamo quelli che non scioperano, che fanno turni massacranti per garantire il servizio – dicono le referenti della FP CGIL Medici – ma adesso rischiamo tutti, operatori e cittadini, ed è tempo di fornire risposte di dignità e diritto per chi cura e per chi viene curato.”
Quella in corso è un emergenza strutturale che va affrontata non solo costruendo nuovi ospedali ma soprattutto dandogli competenze e professionisti adeguati, rivedendo il sistema dell’offerta di salute nel suo complesso in maniera organica.
“Il territorio è deserto: mancano i medici di medicina generale, mancano strutture intermedie in grado di occuparsi di casi meno complessi, infine le dimissioni protette sono pressoché impossibili. La cosa più semplice e immediata è rivolgersi al pronto soccorso anche per casi che si potrebbero risolvere diversamente, lasciando all’ospedale il suo ruolo di elezione nell’affrontare le acuzie.
La vita in Pronto Soccorso invece è diventata invivibile, si rischia quotidianamente di ricevere denunce; il personale è allo stremo perché deve, contemporaneamente, continuare ad occuparsi dei pazienti in attesa da giorni di un posto letto e assistere i nuovi arrivi – dicono le dure rappresentanti sindacali – Diventa vitale individuare reparti dedicati ad accogliere i pazienti del PS, coinvolgendo le strutture accreditate per i casi meno gravi, per decongestionare i presidi della sanità pubblica”.
Secondo la FP CGIL, occorre una visione strategica della gestione dell’emergenza dell’ospedale e del territorio, i quali sono fra di loro connessi, invece vengono (anche da punto di vista legislativo, vedi DM 77/2022 completamente slegato dal DM 70/2015) ancora trattati come sistemi separati a compartimenti stagni. La pandemia come nient’altro ci ha insegnato che prevenzione, territorio ed ospedali devono essere ricomposti in un unico mondo.