E’ il pensiero di Gabriella Grande, Art curator (mostre d’Arte ed eventi culturali), critica d’Arte su diverse riviste del settore, recensionista di Letteratura, blogger culturale, poetessa.
Nel tempo che ha preceduto la pandemia si è molto scritto di una società alla deriva del solipsismo, sospesa sul confine di social e di App per non “toccarsi” mai veramente, scivolando in relazioni liquide in cui la fragilità del legame ben si sposa con la diagnosi dell’individuo contemporaneo divenuto “eremita di massa” proposta da G. Anders in “L’uomo è antiquato”. Ma adesso che un virus ci costringe all’isolamento, alla relatività dei contatti, perché stravolge così intimamente le nostre vite? Ci sentiamo smarriti e fatichiamo ad organizzare nuovi sistemi di difesa. Cosa si sta realmente frapponendo tra ciò che percepiamo oggettivamente e quanto concepiamo, invece, soggettivamente? Abbiamo perso la possibilità di credere che la realtà esterna sia sovrapponibile alla nostra capacità di “costruire” sogni e di realizzarli. Ora che la dimensione della relazione è contaminata dal nemico invisibile, in questa diversa esperienza del mondo, crolla la fiducia in quello spazio potenziale e ci conduce alla chiara consapevolezza che anche il nostro individualismo ha radici nella relazione. L’Altro è una promessa di relazione e questa promessa essenziale, nella dimensione sociale pre pandemica, alimentava una fiducia che non sapevamo di avere nei confronti dell’esterno, fino a questo momento e questa “mancanza” ci insegna che, uscire e incrociare lo sguardo degli altri, avvicinarli ad una distanza più prossima di quella di sicurezza, sfiorarli inavvertitamente, respirare la stessa aria condivisa, è supporto alla costruzione della nostra casa identitaria. Mentre scrivo sul balcone, un’anziana signora, dal palazzo di fronte, agita il braccio in un saluto caloroso, sorridendomi. Non ci conosciamo, forse non ci conosceremo mai, ma siamo qui, io e lei, e questo spazio condiviso è relazione e forza. “Mai senza l’altro” scriveva M. de Certeau. Mai, anche quando lo abbiamo creduto. Questo tempo ce ne consegna il dono della consapevolezza. (Gabriella Grande)