IL PM ANTIMAFIA: IL CLAN CICALA SOSTENNE ALLE ELEZIONI LA DIRETTRICE DEL CARCERE

Risvolti per il caso di Stefania Baldassari. In udienza le deposizioni di un avvocato

 

Il clan di Vito Cicala si adoperò a Taranto nella campagna elettorale per le comunali del 2017 procurando sostegno a favore di Stefania Baldassari, candidato sindaco del centrodestra e di uno schieramento civico. Lo ha sostenuto ieri, 7-9-2021 –  in sede di udienza preliminare svoltasi a Lecce nell’aula bunker, il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia, Stefano Milto De Nozza, confermando così le accuse per mafia al clan Cicala. Il magistrato ha portato in udienza le deposizioni di un avvocato di Taranto. Baldassari arrivò in testa al primo turno ma al ballottaggio con lo sfidante del centrosinistra (Rinaldo Melucci) perse per alcune centinaia di voti.

Baldassari è la direttrice del carcere di Taranto che a fine luglio il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, ha sospeso dall’incarico perchè ha manifestato “condotte irregolari” nell’interesse di un detenuto della casa circondariale di Taranto. Quest’ultimo è proprio Michele Cicala che lo scorso aprile è stato arrestato nell’ambito di un’operazione che ha coinvolto Guardia di Finanza e carabinieri, nonchè le Dda di Lecce e Potenza. Gli arresti sono stati effettuati per traffico di carburanti. Individuati in quell’inchiesta anche legami tra il clan Cicala e quello dei Diana-Casalesi in Campania. Secondo gli inquirenti, Cicala aveva puntato particolarmente sul settore della distribuzione degli idrocarburi, definito dagli inquirenti estremamente lucroso, accordandosi con il gruppo criminale Diana, attivo nel Vallo di Diano tra Basilicata e Campania, e sviluppando cosí l’attività di contrabbando.

Secondo la ricostruzione fatta allora dagli inquirenti, venivano vendute ingenti quantità di carburante per uso agricolo, che beneficia di agevolazioni fiscali, a persone che poi lo mettevano nel mercato normale dell’autotrazione utilizzando le “pompe bianche” che, secondo l’ipotesi investigativa, facevano capo a distributori “compiacenti”. In seguito, Cicala è andato agli arresti domiciliari. A proposito della Baldassari, invece, in una informativa alla Dda di Lecce, la Finanza ha affermato che la direttrice del carcere si sarebbe presentata in almeno due occasioni in un bar gestito dai familiari di Michele Cicala. Baldassarri avrebbe dato alla moglie di Cicala notizie sul marito, assicurandola circa le sue condizioni di salute, dicendogli che stava bene, e invitandola a chiamarlo per “esprimergli conforto”. Nel rapporto degli investigatori si parla di “singolare e di particolare premura l’attenzione riservata dalla direttrice della Casa Circondariale di Taranto verso il detenuto Michele Cicala”. Di qui poi è scattata la sospensione dall’incarico. La direzione del carcere è stata assunta con la reggenza dalla direttrice del carcere di Bari, Valeria Pirè. Baldassari, oggetto più recentemente di un secondo provvedimento del Dap che ha confermato la sua sospensione dall’incarico di direzione del carcere di Taranto, ha respinto ogni accusa di “disvalore” circa l’atteggiamento manifestato nel bar che faceva capo a Cicala, dove alcuni addetti, riconoscendola, gli avrebbero chiesto notizie sullo stato di salute e sulle condizioni dell’uomo nel periodo in cui era in carcere per l’arresto scattato in seguito al traffico di carburanti. L’aggravante di associazione mafiosa verso il clan Cicala è stata annullata dal Tribunale del Riesame di Lecce su istanza della difesa ma dopodomani in Cassazione si discute del ricorso della Procura contro la decisione del Riesame. (AGI)

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