Lecce, i muri dei chiostri diventano caserme e nei muri delle caserme si aprono brecce urbane.
Lecce, città di confine, città delle caserme e delle cento chiese, è disegnata da muri di cinta, recinzioni di chiostri e presidi militari, espressione del potere politico, religioso e militare, che raccontano un territorio delimitato e proteso a sud est.
Una condizione della città che si è trasformata negli aspetti sociali, economici e culturali, laddove fino a qualche anno addietro, nelle ore serali di libera uscita, era consuetudine incontrare seminaristi, giovani militari di leva e donnine allegre, quasi a rappresentare quella periferia sociale che era anche del luogo, aggirarsi tra i vicoli all’ombra dei muri.
Una processualità scandita dai tanti giuramenti religiosi e laici che hanno definito il ritmo della città barocca, ormai persa nel frenetico turbinio degli ultimi anni, dove i muri di cinta delle caserme continuano a segnare il limite invalicabile, mentre è stato abolito il servizio di leva ma, soprattutto, all’intorno tutto è cambiato.
Un tempo diacronico che vede il sorgere di nuove realtà più velocemente rispetto agli strumenti che dovrebbero regolamentarli.
Così può accadere che, mentre la Lecce proiettata al futuro sia alla continua ricerca dell’equilibrio tra il tessuto urbano e le condizioni esistenziali di chi vi abita, il quartiere Casermette, che ospita la prima e l’unica scuola di Cavalleria in Italia, conquista con le trasformazioni degli ultimi anni, la posizione baricentrica tra il centro storico e il campus universitario. In una visione sistemica di lungo periodo è evidente come la vicinanza al polo universitario e la presenza delle caserme siano in grado di offrire apporti strategici per la generazione di nuovi modelli di sviluppo, nei quali la qualità della vita nei quartieri popolari periferici e i processi di inclusione sociale riacquistino centralità, come richiesto delle agende urbane di questo nuovo millennio.
Una contraddizione svelata in occasione della recente pandemia quando la caserma ha ospitato l’hub delle vaccinazioni; questa condizione di emergenza ha permesso di superare il limite del muro. La caserma vista da sempre come vuoto urbano si è rivelata ai cittadini come presidio di sicurezza sociale, rispettoso delle persone e dei loro bisogni, con l’attenzione ai contenuti prima che ai contenitori, servizi alla popolazione prima che al trattamento dello spazio
Il muro della caserma, “altolà”, “limite invalicabile”, è stato attraversato da mezzo milione di salentini e questa esperienza in una visione più ampia pone un naturale interrogativo: i muri che materializzano limiti invalicabili di un dentro che nega un fuori, che spesso generano degrado e abbandono, possono diventare potenziale progettabile?
L’occasione dell’anniversario dei duecento anni della nascita della Scuola di Cavalleria nel 2023, ha permesso di sperimentare a Lecce un approccio nuovo che legge un concetto diverso di periferia.
La ricerca propone il riscatto del quartiere convertendo l’accezione negativa, legata alla presenza dei militari, in un progetto urbano che riconosce il valore morale e storico da sempre chiuso nei muri della caserma, specificità del luogo, valore identitario per chi vi abita.
Il coworking iArchitettura 0832 del gruppoforesta con la collaborazione dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria di Lecce, attraverso un laboratorio urbano “al limite” in un processo culturale d’inclusione e integrazione, ha ascoltato e tradotto in progetto le istanze degli abitanti del quartiere delle Casermette, nelle sue dinamiche sociali, architettoniche e identitarie col fine di trasformare il muro in “Breccia urbana: Museo della Cavalleria”.
I risultati di questo laboratorio, nel nobile spirito dei cavalieri, sono stati donati alla città.
Il coinvolgimento dei cittadini alla redazione del progetto segna un nuovo tempo capace di definire un’identità riconosciuta e un senso di appartenenza.
Alfredo Foresta,architetto, direttivo ANAC lecce