Si intitola “Icaro caduto” ed è il nuovo spettacolo teatrale scritto e interpetato da Gaetano Colella che, dopo la prima nazionale al Festival Primavera dei Teatri di Castrovillari. Lo spettacolo giovedì 9 agosto (ore 19.30) arriverà in provincia di Taranto, all’interno di Connessioni, il festival di teatro contemporaneo indipendente che si svolge a Laterza. L’ultima replica estiva, invece, sarà quella del 10 settembre Monte di Procida (NA), in occasione di Efestoval – Festival dei Vulcani.
La regia è affidata a Enrico Messina, attore, regista e direttore artistico di Armamaxa Teatro, che già aveva diretto l’attore crispianese nel precedente fortunato lavoro teatrale “Capatosta”. Lo spettacolo è prodotto dalla stessa Armamaxa e da Paginebianche teatro.
La storia è nota: Icaro precipita in mare dopo essere fuggito con suo padre Dedalo dal labirinto, a Creta. Le ali artificiali si sfaldano non appena il giovane si avvicina al sole. Il padre disperato, dopo averlo cercato a lungo, si rifugia in Sicilia. “Icaro Caduto” racconta tutto quello che segue la funesta caduta di Icaro: il ragazzino, dopo lo schianto in mare, non muore. Un pescatore lo raccoglie e lo porta a casa da sua moglie. Qui cresce Icaro, redivivo, in una famiglia pugliese che lo osserva, lo nutre, lo accudisce. Intorno a lui pullula un villaggio di gente curiosa di vedere da vicino com’è fatto un angelo caduto dal cielo. Il suo corpo porta i segni dello schianto, ma la sua memoria è ancora fresca. Che fine ha fatto sua madre che ogni giorno alle porte del labirinto pregava Minosse che gli restituisse il figlio? E dov’è adesso suo padre, il geniale Dedalo che da sempre ha preferito dedicarsi alle sue invenzioni invece che a suo figlio? Icaro non ha dubbi: non appena riuscirà a camminare raggiungerà la Sicilia e cercherà suo padre. “Icaro Caduto” racconta una storia senza tempo: il complesso, delicato e meraviglioso rapporto che lega un figlio a un padre.
“Ho immaginato – spiega Colella – che Icaro volontariamente abbia cercato di far fallire il progetto del padre, avvicinandosi al sole per compiere un doppio intento: far fallire il progetto del padre ed esprimere finalmente se stesso. Come fanno i figli quando intendono con decisione far comprendere che è il momento di lasciarli andare. Come abbiamo fatto tutti noi quando abbiamo deciso che era il momento di recidere ogni legame col nostro padre e con la nostra madre. Uccidere quella cosa che ci unisce, che ci tiene legati a loro. Tradire. Ho preso a pretesto le due figure leggendarie di Dedalo e di Icaro perché servivano perfettamente al racconto che volevo costruire e ho guardato le loro vite, le loro storie, i loro dolori; attraverso il racconto li ho resi tridimensionali, li ho staccati dal mito per poter raccontare una storia senza tempo, mitologica. Ho scritto il testo mescolando diversi linguaggi: da un lato la lingua pugliese, il dialetto italianizzato che uso spesso nei miei spettacoli, e che mi dà accesso a un universo identitario delle origini; dall’altro una lingua pulita, in endecasillabi a rima alternata, che richiama il classico nella sua forma nobile. Non si tratta di un endecasillabo poetico, ma in prosa. È sempre comprensibile, e può essere letto anche senza rispettare la metrica. Tuttavia è una lingua che sentivo giusta per esprimere l’universo della fiaba e del mito al quale mi accostavo: per rispettarlo, per raccontarlo senza tradirlo”.
Il costume è di Lisa Serio, la scena di Paolo Baroni, il disegno luci di Loredana Oddone. La cura del suono è di Raffaele Bassetti e alle luci/audio c’è Francesco Dignitoso. La distribuzione è di Mary Salvatore.