Unione, convivialità, una fede autentica da riscoprire: e’ questa la fotografia che emerge a conclusione della XVI edizione de “Il Rito dei Santi “, a Fragagnano, che si è svolta domenica 12 marzo ed e’ stata organizzata dalla locale Pro loco con il sostegno della rete Salento delle Murge.
Una Chiesa, quella dedicata alla B.V. del Carmine, vero gioiello architettonico fragagnanese, gremita di gente che, in religioso silenzio, si è ritrovata per assistere ad un Rito ancestrale che racchiude in sé il senso di comunita’.
Un Rito che ha assunto una connotazione particolare.
In primis, per la tematica alla quale è stato associato, ovvero il turismo delle radici che coinvolge tutte quelle persone che tornano nel loro Paese d’origine, spinte dal desiderio di riappropriarsi della propria storia, della propria cultura, delle proprie tradizioni.
A tal proposito, alla manifestazione ha preso parte Rosa Mega, in rappresentanza della comunità di fragagnanesi residenti a Rivoli, emblema di quelle radici ancorate alla propria terra che figurano sul manifesto ideato per quest’edizione.
Il Rito ha visto la regia del Maestro Alfredo Traversa, ideatore del Teatro della Fede in Puglia e la partecipazione alla tavola dei Santi dei membri del gruppo di lettura Ipazia della Biblioteca N.D. Elena Dell’Antoglietta di Fragagnano e…non solo.
Inoltre, il Rito dei Santi di quest’anno s’inscrive nelle attività sul turismo delle radici che organizza la rete Salento delle Murge, grazie alla quale e’ stato possibile valorizzare al meglio questa tradizione.
“Quest’anno – ha dichiarato Nunzia Digiacomo, presidente della Pro loco di Fragagnano, – abbiamo inteso offrire una chiave di interpretazione diversa del Rito che trae linfa dal passato, guardando ad un presente – futuro che ci vede custodi di questa tradizione.”
Per rappresentare il rito, è stata allestita una tavola nella navata centrale della Chiesa, attorno alla quale si sono disposti i tredici Santi, richiamando l’immagine dell’Ultima Cena. Dopo la benedizione impartita dal parroco, don Graziano Lupoli, i Santi hanno dato inizio al pranzo. San Giuseppe e’ seduto a capotavola ed ha il posto contrassegnato da un bastone fiorito, simbolo del miracolo grazie al quale fu prescelto per essere lo sposo di Maria.
Insieme a lui,Maria,sua moglie e Gesù Bambino. Di seguito,tutti gli altri.
San Giuseppe ha dato il via al pranzo, battendo un colpo di bastone sul pavimento, scandendo l’alternarsi delle pietanze, per un totale di tredici sapori.
Sulla mensa hanno primeggiato: i bucatini con la mollica di pane, la massa, i ceci, i fagioli e le fave, il baccalà, i carciofi, i cavolfiori fritti, le arance e “li cartiddati“. Immancabili: il pesce fritto e i lampascioni, le cipolline selvatiche tipiche della nostra cucina. Ognuna di queste pietanze è allusiva di arcaiche simbologie apotropaiche.
Tuttavia, un posto di rilievo è riservato al pane che, diviso e consumato, è il simbolo della comunità, veicolo di comunicazione tra individui e di comunione con il divino.
“La lezione che possiamo trarre da questo Rito è quella di condividere non tanto il cibo, ma ciò che si è con l’altro” ha commentato il regista Alfredo Traversa, al termine del Rito.
E, a proposito di tradizione, ha aggiunto: “La tradizione non è pensiero, è azione. La tradizione è un corpo. Se manca il corpo nella tradizione è solo un esercizio letterario”.
La parte istituzionale della serata è stata curata da Tiziana Grassi, giornalista e studiosa di migrazioni che ha offerto importanti spunti di riflessione sulla tematica del turismo delle radici.
Presente l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Giuseppe Fischetti che ha espresso il proprio ringraziamento nei confronti del certosino lavoro svolto dalla Pro loco.
Un’edizione del Rito che in molti ricorderanno a lungo per la sua intensa carica emozionale.