DI PALMA (FIOM): “L’EX ILVA RISCHIA DI CHIUDERE”

DOPO L'AUDIZIONE ALLA CAMERA. LE PAROLE DI FIM E UILM

“Riscontriamo il rischio ogni giorno più concreto di cessazione dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Questa condizione è data da elementi oggettivi e di fatto. Faccio riferimento alla lettera che è stata inviata dall’amministratore delegato di Invitalia nei confronti dell’azienda, faccio riferimento alle dichiarazioni rilasciate alla medesima Commissione dal presidente Bernabè, faccio riferimento allo stato della situazione che noi registriamo in questo momento all’interno degli impianti siderurgici, non soltanto quello di Taranto ma tutti gli impianti in Italia”. Lo ha detto il segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma intervenendo in audizione alla Commissione Attività produttive della Camera. “Oggi – ha aggiunto – non ci sono gli investimenti necessari da parte della proprietà per il mantenimento e l’implementazione della produzione necessaria a tenere in equilibrio da un punto di vista finanziario ed economico l’azienda”. “L’obiettivo di 6 milioni di tonnellate sullo stabilimento di Taranto previsto dall’Autorizzazione integrata oggi è – ha concluso De Palma – lungamente sotto soglia e abbiamo una situazione degli altoforni che vede un progressivo spegnimento, quindi una progressiva riduzione della produzione nello stabilimento di Taranto, col rischio concreto quest’anno di attestarsi al di sotto dei 3 milioni di tonnellate”.


“Sembra davvero una storia di altri tempi:
lo Stato finanzia e il privato ne ricava i benefici. Si può continuare
a trattare con un Gruppo che non ha rispettato nessun impegno dal 2018
a oggi e che continua a condizionare un asset strategico del nostro
Paese?È possibile che questo Gruppo possa gestire un eventuale
processo di decarbonizzazione, senza aver dimostrato capacità e
interesse per l’Italia?”. E’ il leader Uilm, Rocco Palombella, a
presentare davanti alla Commissione attività produttive della Camera,
una lunga lista di domande a cui non è stata data risposta come le
ripetute denunce di inadempienza che “non sono state ascoltate”.
Su cosa si basa il Governo “per ritenere credibile questo Gruppo?”,
chiede. “Domani ci sarà l’assemblea dei soci. Nei mesi scorsi –
ricorda Palombella – il Presidente Bernabè ha rassegnato le sue
dimissioni, rimaste sospese per evidenti motivi, e forse da domani
saranno effettive. Se domani il socio privato non si impegnerà a
finanziare il 62% del fabbisogno richiesto da Adi, cosa farà il
Governo? Deciderà di rescindere il contratto con ArcelorMittal per
palese inadempienza e per i danni alle persone, all’ambiente e
all’economia del nostro Paese?”. “Basta perdere tempo, occorrono
decisioni chiare e immediate. È urgente un cambio di governance”
invoca il sindacalista.
D’altra parte, annota, “in un anno e mezzo il socio pubblico ha
finanziato la società per oltre 1 miliardo di euro, che si aggiunge
alle ingenti somme stanziate dallo Stato dal 2019 ad oggi per
concedere la cassa integrazione a migliaia di lavoratori tra diretti,
indiretti e in amministrazione straordinaria”. Una opposizione alla
linea del governo dettata, spiega ancora Palombella, “da una gestione
fallimentare” che si è tradotta in “rischi continui per la sicurezza
dei lavoratori, l’assenza di un piano industriale, il mancato rilancio
degli stabilimenti, livelli produttivi ai minimi termini, migliaia di
lavoratori in cassa integrazione, il mancato completamento degli
interventi di ambientalizzazione e l’elevata esposizione finanziaria
nei confronti di fornitori e aziende dell’appalto”.

“Nonostante l’iniezione di ingente liquidità
l’indebitamento di Acciaierie d’Italia supererebbe i 2,5 miliardi di
euro. Da febbraio a oggi la situazione è peggiorata ulteriormente e a
luglio l’azienda ha rischiato di fermarsi per il mancato pagamento del
gas. Ancora una volta il socio privato ha continuato a chiedere soldi
allo Stato con il solito ricatto occupazionale, senza mettere un solo
euro (a partire dai 70 milioni previsti a febbraio). E le
argomentazioni sono le più disparate: dalla mancanza di bancabilità
alla crisi pandemica, fino alla guerra e all’inflazione”, aggiunge
ricordando come al contrario “tutte le aziende siderurgiche, in Italia
e non solo, registrano profitti straordinari. La stessa ArcelorMittal
fa utili da record”.
“Acciaierie d’Italia nelle condizioni attuali non potrà mai essere
rilanciata e arrivare all’equilibrio finanziario, previsto con una
produzione di 6 milioni di tonnellate”, denuncia ancora. “Da settembre
la situazione è diventata drammatica. Il piano Urso è stato
palesemente abbandonato e il Governo ha deciso di percorrere un’altra
strada negoziando con ArcelorMittal un nuovo accordo e sottoscrivendo
un memorandum rimasto segreto, non solo a noi ma anche al socio
pubblico di cui abbiamo chiesto di conoscere il contenuto”.
“Nel frattempo – ricorda Palombella – il socio privato continua a
chiedere ulteriori fondi pubblici: si parla di oltre 300 milioni di
euro, senza un suo impegno. Solo una sentenza del Tar della Lombardia
ha scongiurato lo stop alla fornitura di gas fino al prossimo 10
gennaio. Si parla di un piano di decarbonizzazione di oltre 5 miliardi
fino al 2030, con il socio privato alla guida. Nessuno è in grado,
però, di spiegarci cosa succederà da oggi e fino alla realizzazione di
questo libro dei sogni”.


“Una situazione di criticita’ e totale
incertezza pesa sui lavoratori sulla citta’ di Taranto e sulla
siderurgia italiana rispetto a questa vertenza che non puo’ piu’
essere tenuta in queste condizioni. Siamo davanti ad un vuoto
pericoloso, il rischio e’ quello di perdere il principale polo
siderurgico primario d’Europa con conseguenze sull’occupazione,
sull’indotto, sulla filiera diretta degli altri stabilimenti e
su una serie di attivita’ connesse che non possiamo accettare
passivamente. Una situazione di incertezza che va assolutamente
governata”. Lo affermano il generale Fim Cisl Roberto Benaglia e
il segretario nazionale Fim Cisl Valerio D’Alo’, auditi in
Commissione Attivita’ Produttive della Camera dei Deputati.
“Chiediamo che il Governo assuma nei prossimi giorni un’azione –
aggiungono – che forzi la mano alla multinazionale e che ci sia
trasparenza nei confronti dei lavoratori e del ruolo del
sindacato. L’assemblea dei soci prevista per domani non dovra’
essere un ulteriore dilazione dei tempi ma Arcelor Mittal dovra’
chiarire in modo chiaro e definitivo la sua volonta’ ad essere
parte attiva degli investimenti o meno”.

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