Riceviamo e pubblichiamo una nota del Movimento IDEA sulla questione depuratore:
Pochi giorni fa, su una emittente televisiva locale, il consigliere regionale Luigi Morgante ha affermato che dal costruendo depuratore consortile Manduria-Sava usciranno solo acque affinate delle quali è vietato lo spreco e per questo il progetto prevede che siano riusate in agricoltura. Ha poi continuato minimizzando il fatto che i cittadini e gli amministratori di Avetrana avrebbero voluto che fosse allontanato dalla costa per scongiurare qualunque ipotesi di scarico a mare, neppure emergenziale.
Giuseppe Coco, coordinatore cittadino di IDEA, rileva, però, che proprio un attimo prima, a proposito delle discariche, aveva parlato della puzza che invade Manduria facendo finta di non sapere che l’ARPA, contrariamente alle sue dichiarazioni, in passato ha già accertato che la puzza proviene proprio dal depuratore di Manduria attualmente in esercizio, dove viene costantemente rilevato il superamento dei valori limite. Tanto sarebbe dovuto bastare per capire l’importanza di costruire il depuratore lontano dagli abitati per prevenire il diffondersi di emissioni odorigene fastidiose e forse anche pericolose per la salute delle persone. E’ noto, infatti, che secondo le linee guida dell’ARPA Puglia, gli impianti di depurazione dei reflui civili sono fonte di notevoli emissioni odorigene e sono causa di proteste da parte della popolazione residente in prossimità degli impianti, poiché producono composti dal caratteristico odore di uova e di pesce marcio e ciò si capisce quanta differenza faccia una maggiore distanza del depuratore dall’abitato.
All’intervista di Morgante, sono seguite le dichiarazioni di Michele Emiliano durante “Domenica in”. Emiliano, intervenuto nel corso della trasmissione condotta da Mara Venier con una telefonata, ha dichiarato: «La progettazione di quel depuratore non porta l’acqua in mare … ho fatto riprogettare completamente quel depuratore che adesso ha una serie di vasche che non comunicano col mare e l’unico problema che rimane è semplicemente che, come per ogni struttura, anche un parcheggio automobilistico, quando piove c’è il problema delle acque di prima pioggia, quindi, tutta la questione su Torre Colimena … non è l’acqua del depuratore, ma è l’acqua del parcheggio della struttura industriale che comunque deve essere depurata che dobbiamo trovare la maniera di non buttarla a Torre Colimena e che sto insistendo anche io ad evitarla, ma non è l’acqua del depuratore che comunque non andrà mai in mare».
Secondo l’Avv. Salvatore Fuggiano, membro della Direzione Nazionale di IDEA, si tratta di affermazioni che testimoniano la totale superficialità con cui è stata affrontata l’annosa questione del depuratore consortile Manduria-Sava.
Infatti, se Emiliano avesse letto le relazioni collegate al progetto avrebbe appreso che le acque di pioggia non sono quelle di prima pioggia dell’impianto di depurazione, cui egli ha fatto riferimento. Il problema, invece, riguarda le acque di pioggia dell’intera città di Manduria, e in futuro anche quelle di Sava. Infatti, quando piove le acque meteoriche che scorrono per le vie della città, tramite l’emissario fognario misto di Manduria, ma anche attraverso i chiusini stradali, spesso rotti e comunque muniti del foro necessario per il sollevamento, affluiscono in quantità enorme all’attuale depuratore e vengono scaricate nell’attiguo Canale Romano. Avrebbe poi anche avuto modo di apprezzare, si fa per dire, le modalità con cui si pensa di smaltire una parte delle acque depurate, e si sarebbe probabilmente accorto che, tra le tante altre carenze, il progetto:
– è privo dei programmi dei Comuni interessati e del Consorzio di bonifica relativi al riuso delle acque al fine di verificare i volumi incidenti sui buffer e sui bacini di filtrazione;
– è privo dell’indicazione dei dispositivi atti a contenere la diffusione di emissioni odorigene in atmosfera;
– è privo di elaborato con l’individuazione di opere di captazione di acque sotterrane destinate ad uso irriguo o domestico – art. 9 Regolamento Regionale n. 17/2013 nel raggio di 500 metri;
– è privo dello studio sull’andamento delle correnti, venti prevalenti, e caratteristiche morfologiche del fondo marino per evitare la compromissione della balneazione del tratto di mare interessato (seno Torre Columena);
– è privo di uno studio relativo agli apporti pluviali, che si sarebbero potuti misurare, almeno in parte, con riferimento alle acque provenienti dall’emissario di Manduria (misto sottostante Via XX Settembre) e di quelle provenienti da orti, piazzali e terrazze domestiche fatti confluire nella rete e attraverso i fori di cui sono provvisti i chiusini fognari e/o da tombini danneggiati e rotti, salvo poi a calcolare almeno empiricamente quelle che giungeranno in futuro dall’abitato di Sava.
Un esame, fatto con umiltà, delle segnalazioni fattegli pervenire, gli avrebbe permesso di comprendere l’impossibilità reale di riusare l’acqua in agricoltura, anche nell’ipotesi di pronta rifunzionalizzazione delle vasche e
dell’impianto irriguo del Consorzio di Arneo. Ciò sia per il pregiudizio della gente, sia perché proprio il Consorzio di Arneo, tirato in ballo per ultimo, nel proprio Piano Comprensoriale di Bonifica, ha evidenziato che:
– nel comprensorio di riferimento si verifica <<una sotto utilizzazione degli impianti irrigui consortili, dovuta, principalmente, alla facilità di reperire da parte degli agricoltori acque di falda con costi relativamente bassi e alle modalità di distribuzione adottato dal Consorzio, sia in termini di tempistica (distribuzione a domanda) che di portata necessaria richiesta dai sistemi di coltivazione prevalenti, anche in relazione alle pressioni disponibili agli idranti. Il fenomeno innescato da questo tipo di gestione è che il grado di utilizzo degli impianti consortili da parte dei consorziati risulta molto basso. Dai dati relativi agli ultimi 5 anni (2008‐2012) forniti dagli Uffici consortili, si osserva che solo il 5% degli utenti hanno fatto ricorso all’acqua fornita dal Consorzio; si tratta di circa 318 aziende sulle 5.677 potenziali aziende che potrebbero usufruire del servizio irriguo consortile. Con riferimento alla dotazione idrica del Consorzio, pari a m3 15.000.000 per volume stagionale disponibile nei 6 mesi, solo il 3% (circa 500.000 m3) è stato fornito dal Consorzio stesso>>;
– che un <<Ulteriore fattore che influenza la gestione delle opere irrigue, nonché quelle di bonifica idraulica, è lo spinto frazionamento delle proprietà fondiarie. Nel comprensorio consortile, tra le ditte soggette a contribuenza, l’84 % delle proprietà risulta avere un’estensione inferiore all’ettaro. Operando una suddivisione delle ditte consorziate per classe di superficie comprese tra 0 e oltre 50 ha, così come riportato nei dati inseriti nella tabella e nei grafici seguenti, è possibile evincere che 30.111 sono le aziende con superficie di circa 1.000 mq; seguono le aziende di superficie compresa tra 1.000 e 2.000 mq e tra 5.000 e 10.000 mq. Quelle che superano i 10 ha sono poco più di 1.000. Queste realtà influenzano la gestione delle attività consortili sia da un punto di vista operativo che amministrativo; si pensi, ad esempio, ai costi per la gestione del catasto e dei servizi erogati dal Consorzio stesso, che interessano ogni consorziato indipendentemente dalla dimensione fondiaria della proprietà>>.
Queste considerazioni, e tutte le altre relative alla violazione dei vincoli del PPTR, che hanno già prodotto la distruzione di un’estesa area di macchia mediterranea, ma anche tutte le anomalie procedurali, avrebbero dovuto indurre il Presidente Emiliano a fermare i lavori e a far rielaborare il progetto nell’ottica di delocalizzarlo, al fine di allontanarlo dalle case della zona Turistico-residenziale di Urmo di Avetrana e dalla costa di Manduria, e così evitare il conseguente deprezzamento del patrimonio immobiliare. Invece, conclude Fuggiano, ignorando la volontà popolare, Emiliano si è posto a difesa di un progetto scellerato, che nuocerà allo sviluppo delle attività turistico-ricettive, e in maniera arrogante e supponente, sta ora tentando di giustificare lo scempio in atto, al fine di confondere i cittadini in vista delle prossime elezioni regionali alla cui presidenza si è già ricandidato.