ARCELOR-SINDACATI: DOMANI INCONTRO A ROMA

L'11 nuovo confronto a Taranto

(AGI) Taranto, 9 giu – La settimana si apre mettendo in primo piano il dossier ArcelorMittal, ex Ilva, dopo la richiesta di cassa integrazione fatta dall’azienda per il sito di Taranto. Per ora due gli incontri fissati tra azienda e sindacati. Uno alle 14 di domani a Roma, in Confindustria, ed un altro nel pomeriggio dell’11 a Taranto. Potrebbe essercene, però, anche un terzo. Attesa è infatti la convocazione delle parti al Mise da parte del ministro Luigi Di Maio che ha annunciato un tavolo. Sebbene l’incontro di domani fosse programmato e rientra nelle verifiche trimestrali che le parti effettuano sullo stato di attuazione dell’accordo sul passaggio del gruppo dell’acciaio dall’amministrazione straordinaria di Ilva ad ArcelorMittal, la vicenda ha avuto una accelerazione dopo la decisione aziendale di mettere in cassa integrazione ordinaria, dall’1 luglio e per 13 settimane, 1395 lavoratori del sito di Taranto. La fermata riguarderà colata continua 5 nelle acciaierie e a valle laminatoio e treno nastri 1, più tutti i servizi manutentitivi e funzionali collegati. I sindacati hanno respinto la richiesta di cassa integrazione fatta dall’azienda e chiesto l’intervento di Di Maio nella veste di garante dell’accordo dello scorso settembre al Mise. I sindacati contestano all’azienda di non aver fatto alcun minimo accenno alla cassa nell’ultimo incontro di un mese fa a Taranto, sebbene la crisi di mercato fosse già evidente e manifesta. Si evidenzia poi che con questi 1400 nuovi cassintegrati, sale a 3200 nel complesso i lavoratori fuori dal ciclo produttivo, considerando anche i circa 1600 cassintegrati di Ilva in amministrazione straordinaria a zero ore dallo scorso novembre . I sindacati, a questo punto, temono che anche i cassintegrati di Ilva in as, per i quali ArcelorMittal si è impegnato a fare una proposta di impiego dopo metà 2023, possano non rientrare più in fabbrica. ArcelorMittal Italia ha motivato la cassa integrazione con la crisi di mercato che ha già portato il gruppo a ridurre la produzione e a fermare impianti in Spagna, Polonia, Germania e Francia. L’azienda evidenzia tre fattori critici: il rallentamento del comparto auto, grande utilizzatore di acciaio, l’aumentato costo di materie prime ed energia, il fatto, infine, che i dazi americani stanno spingendo a riversarsi in Europa, invadendo questo mercato, tutti i produttori siderurgici che prima trovavano spazio negli Usa. Resta tuttavia molto netta la contrarietà dei sindacati alla cassa, tanto più, dicono, che solo un mese fa ArcelorMittal aveva escluso contraccolpi occupazionali a Taranto dichiarando che ci sarebbe stato solo il rinvio di un anno, dal 2019 al 2020, dell’obiettivo produttivo di 6 mln di tonnellate. Fonti ArcelorMittal rimarcano tuttavia la fase critica della siderurgia, confermano che, nonostante il mercato negativo, gli investimenti per Taranto, sia ambientali che industriali, pari a 2,4 miliardi di euro entro metà 2023, verranno portati avanti nelle tempistiche previste, e manifestano disponibilità a confrontarsi con i sindacati anche sull’entità della cassa integrazione stessa. Infine, le vicende dell’acciaieria riaccendono lo scontro tra Pd e M5s. I Dem attaccano l’azienda, mettendo in dubbio la sua volontà di rilanciare effettivamente, ma anche il Governo che ha sbarrato, sostengono, la strada alla decarbonizzazione, riproposta con un emendamento nel dl Crescita. M5s rinfaccia al Pd di non poter proprio parlare sull’ex Ilva dopo aver varato diversi decreti legge e non aver invece  vigilato sulla situazione ambientale di Taranto come si sarebbe dovuto. (AGI)

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