Si terranno la prossima settimana, l’8, 9 e 10 giugno, le ispezioni dei commissari di Ilva in amministrazione straordinaria nel siderurgico di Taranto di ArcelorMittal. Lo apprende AGI sia da fonti sindacali, che vicine all’amministrazione straordinaria. I commissari, come hanno detto ieri nella call conference con le sigle metalmeccaniche, si faranno affiancare da una squadra di tecnici esperti. Le ispezioni che avranno luogo lunedì prossimo sono quelle che sarebbero dovute cominciare il 1 giugno.
Il 1 giugno due commissari Ilva su tre, Francesco Ardito e Antonio Lupo, si presentarono in fabbrica ma non poterono effettuare alcuna ispezione. E’ nato un caso in proposito, con Ilva in amministrazione straordinaria che ha parlato di accesso negato ai commissari, che rappresentano la proprietà degli impianti oltreché essere espressione del Governo, malgrado gli stessi commissari avessero preavvertito ArcelorMittal già dal 23 febbraio. ArcelorMittal, sua volta, ha replicato dicendo che l’ispezione non poteva cominciare il 1 giugno perché, in concomitanza con la festa del 2 giugno, era stato concesso ponte al personale e quindi gli uffici erano vuoti. ArcelorMittal ha detto che questo particolare è stato comunicato in tempo utile, e più volte, agli stessi commissari ed ha comunque manifestato la sua disponibilità a riprogrammare in altra data l’ispezione. Ieri, ai sindacalisti metalmeccanici, i commissari Ilva hanno dichiarato che l’ispezione sarebbe avvenuta al più presto impegnando più giorni.I commissari Ilva vanno in fabbrica (ArcelorMittal non è proprietario ma solo gestore in fitto da novembre 2018) sulla base di una denuncia avanzata dalle sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm al prefetto di Taranto, Demetrio Martino, il 22 maggio, giorno del sit in di protesta sotto la Prefettura, e ribadita ieri ai commissari. In sostanza, Fim, Fiom e Uilm accusano ArcelorMittal di aver portato la fabbrica allo sbando, di produzione al minimo storico (7500 tonnellate al giorno) con rischio di danni impiantistici, di tenere impianti importanti ancora fermi, come l’acciaieria 1 e l’altoforno 2.
E ancora, i sindacati accusano ArcelorMittal di aver tagliato le manutenzioni quando c’è bisogno di ripristinare gli impianti e di tenere in cassa integrazione un numero di dipendenti ritenuto spropositato. A questo proposito, i sindacati evidenziano che il prefetto a fine marzo, in piena emergenza Covid, indicò in 3500 addetti al giorno il numero minimo di presenze per tenere il siderurgico in sicurezza. Tale numero, dicono i sindacati, fu indicato anche da ArcelorMittal al prefetto. Oggi, invece, ArcelorMittal tiene al lavoro, in una giornata, circa 3mila dipendenti con quasi 5mila persone che sono invece fuori dalla fabbrica tra cassa integrazione Covid, ferie, malattia e permessi vari. La cassa Covid dall’1 giugno è stata inoltre prorogata per altre 5 settimane. I sindacati hanno chiesto all’azienda di ridurre i numeri, di far ruotare il personale in cassa e di integrare economicamente l’indennita di cassa (mediamente un migliaio di euro) attraverso parte degli sgravi contributivi concessi alle aziende dalle recenti misure del Governo. ArcelorMuttal, dicono i sindacati, su questi punti non ha dato alcuna risposta.Circa infine il nuovo piano industriale atteso per il 5 giugno da ArcelorMittal, fonti sindacali dicono ad AGI che non ci sarà alcun incontro domani, che l’azienda lo trasmetterà al Governo probabilmente nella tarda serata di domani o nella notte tra venerdì e sabato. Successivamente il Governo lo esaminerà e dopo convocherà i sindacati per la discussione. Nella call del 25 maggio, il Governo ha ricordato all’ad Lucia Morselli i punti chiave dell’accordo di marzo scorso, dicendo di attendersi ora che siano rispettati. E questi punti chiave prevedevano tra l’altro introduzione del forno elettrico a Taranto e assetto ma a regime, nel 2025, a 8 milioni di tonnellate di produzione e 10.700 occupati, cioè gli attuali. A regime perché già l’accordo di marzo, che ha disinnescato il conflitto giudiziario che si era aperto al Tribunale di Milano, prevedeva già un ricorso alla cassa integrazione straordinaria per gestire tutta la fase transitoria in attesa del 2025. (AGI)
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