ARCELOR CHIUDE TRE SITI IN EUROPA

AD AMBURGO, BREMA E ASTURIE

La guerra continua ad affondare i suoi artigli nell’industria globale: l’aumento del costo del gas, la debolezza della domanda e le scorte elevate stanno mettendo in ginocchio anche il settore siderurgico e per questo ArcelorMittal ha annunciato il taglio di tre impianti di produzione in Europa. E’ l’analisi contenuta in T-Commodity, a cura del fondatore Gianclaudio Torlizzi.
Una panoramica globale sull’acciaio – ricorda Agi –  mostra che a fine settembre il colosso europeo ArcelorMittal taglierà tre siti, due in Germania – Amburgo e Brema – e uno in Spagna nelle Asturie. “I tagli – si legge in T-Commodity – rappresentano circa l’8-9% della produzione europea di Arcelor. A livello industriale, le attuali riduzioni rappresentano il 2-3% della produzione di acciaio piatto dell’Ue e l’1% della produzione di acciaio lungo, ma si ipotizza che la domanda scenda del 5% nel 2023 rispetto al 2022; quindi i tagli sono consistenti, ma non cambiano le carte in tavola e ne abbiamo davvero bisogno per raggiungere un equilibrio. La debolezza della domanda, le scorte elevate e le importazioni competitive sono venti contrari per l’industria nazionale dell’acciaio. Comunque, la scorsa settimana i prezzi del laminato a caldo (Hrc) sono rimbalzati di circa 50 euro/t dopo l’aumento generalizzato dei prezzi di ArcelorMittal”.

I tagli produttivi di ArcelorMittal e in generale delle altre industrie siderurgiche in Europa “colpiranno duramente anche l’Italia, perché il nostro settore, fatta eccezione per Ilva, è tutto a forno elettrico”. Servono quindi sostegni consistenti e immediati da parte del governo per evitare un vero e proprio depauperamento dell’industria del nostro Paese. Lo afferma Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, in merito alle difficoltà nell’industria dell’acciaio innescate dal conflitto in Ucraina.
Stime alla mano Torlizzi evidenzia in un colloquio con l’AGI che “l’incidenza dell’energia sul forno elettrico impatta per circa 450 euro a tonnellata, a cui si devono sommare i costi del rottame, ovvero la materia prima che va dentro il forno, pari a circa 400 euro a tonnellata”. Quindi si hanno costi totali intorno a 850 euro a tonnellata, contro l’attuale prezzo dell’acciaio a 900 euro. Dunque in sostanza, spiega Torlizzi, “un forno elettrico non fa soldi, non margina e ciò spiega il motivo per cui ArcelorMittal e, a cascata le imprese siderurgiche taglieranno la produzione, aprendo a un’ondata di richieste di cassa integrazione”.

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