Il consiglio di fabbrica unitario dei delegati Rsu di Fim, Fiom, Uilm e Usb dello stabilimento Acciaierie d’Italia di Taranto ha indetto per il 6 maggio prossimo uno sciopero di 24 ore dei lavoratori diretti, di Ilva in As e dell’appalto, invocando da governo e azienda “risposte concrete sulla questione ambientale, occupazionale e industriale”. La decisione è stata assunta dopo una serie di assemblee avviate con i lavoratori a seguito del mancato accordo sulla cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione avviata dalla società il 28 marzo scorso per un massimo di tremila lavoratori in tutti i siti del gruppo, di cui 2.500 a Taranto. “Abbiamo avviato un percorso – sottolineano le organizzazioni sindacali – che ci vedrà impegnati sul territorio in una serie di iniziative e mobilitazioni per mettere la parola fine sulla vertenza ex Ilva”.
Con lo sciopero di 24 ore dei dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia, di Ilva in As e dell’appalto, indetto per il 6 maggio prossimo, Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto intendono anche “avviare un tavolo permanente presso il Ministero dello Sviluppo Economico che chiarisca definitivamente il futuro di migliaia di lavoratori”. Lo sottolineano le organizzazioni sindacali spiegando che “il 6 maggio sarà l’occasione per tornare ad essere protagonisti del cambiamento perché non intendiamo rinunciare alla possibilità di costruire un futuro sostenibile anche dal punto di vista sociale”. Le sigle metalmeccaniche invitano “tutti i lavoratori a partecipare allo sciopero con presidio davanti alle portinerie per poi raggiungere la Portineria C-varco merci”. Per Fim, Fiom, Uilm e Usb, “il tempo trascorre inesorabilmente tra annunci e slogan da parte della politica e del Governo con continui rinvii e incertezze, non ultimo il verbale di mancato accordo sulla cassa integrazione straordinaria che ha segnato negativamente il prosieguo di una trattativa molto complessa, soprattutto per l’assenza di chiarezza sulle prospettive future del gruppo in merito alla questione ambientale, occupazionale e industriale”. “Non è più pensabile – concludono – che si discuta di transizione ecologica, di decarbonizzazione, impianti ad idrogeno a lungo termine senza affrontare nel merito le tante criticità che riguardano il presente della fabbrica e di come dovrebbe essere gestita tale fase, evitando che continuino a pagare sempre i lavoratori”. (ANSA).
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