ACCIAIERIE D’ITALIA, SCIOPERO DI 24 ORE

IL COMMENTO DEL SEGRETARIO UIL PALLINI

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DUE FRONTI contrapposti, due facce di una stessa medaglia chiamata Acciaierie d’Italia.

E’ stato sciopero, come previsto, sin dalle prime luci dell’alba davanti alle portinerie dello stabilimento siderurgico di Taranto. Lo stop di 24 ore proclamato da Fim, Fiom e Uilm ha riscontrato una corposa adesione tra i lavoratori: presidi convocati in contemporanea con l’incontro con fornitori e clienti “Steel Commitment” organizzato dall’azienda.

Una scelta voluta per demarcare la distanza tra il management e gli operai, sempre più impauriti per un futuro che resta nebuloso.

Un sit in dei lavoratori, seduti davanti all’ingresso della portineria del Varco Est Porto, ha bloccato per alcuni minuti l’accesso degli ospiti invitati in fabbrica, costretti a fare marcia indietro per entrare attraverso la portineria A.

Volti scuri, tanto sgomento, qualche attimo di tensione scivolato via. Perché quelle che mancano, finora, sono le risposte, come sottolineano i segretari dei sindacati metalmeccanici.


Il coordinatore della UIL di Taranto Pietro Pallini interviene sull’annosa questione riguardante il destino dell’ex ILVA di Taranto e dei suoi lavoratori commentando, con una nota stampa, l’incontro istituzionale avvenuto a Roma nella giornata di ieri con le sigle sindacali nazionali di categoria e alla luce dello sciopero di 24 ore in atto presso lo stabilimento tarantino.


“È paradossale apprendere che la riunione convocata nella giornata di ieri a Palazzo Chigi alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano e ben tre ministri, si apra da parte della delegazione di Governo attraverso un semplice “
diteci”. Traspaiono, da quel verbo, i tratti di una forma di autolesionismo nel voler sentirsi ripetere che la fabbrica è al collasso, che i lavoratori sono esasperati e che un Territorio rischia da un momento e l’altro la bomba sociale e ambientale.

Cos’altro dovrebbero dire le parti sociali? Lo abbiamo scritto, detto, ribadito e gridato, che il protrarsi di questo stato di fatto a Taranto null’altro sancisce all’infuori della consumazione di un dramma, industriale, economico e sociale. È assurdo ostinarsi a non compiere passi in avanti in uno stato di fatti del tutto allarmante, ma, diventa tutto avventato constatare che addirittura i passi vengano fatti all’indietro, e alla cieca dopo il vuoto emerso dalla riunione a Palazzo Chigi.

E ancora stamani presso le portinerie di AdI abbiamo dovuto far sentire il nostro grido di dolore contro chi aveva promesso di investire nell’acciaio italiano e soprattutto pulito, rilanciando un’azienda che le cronache politico/sindacali ci consegnano come un paziente in terapia intensiva. Centinaia di lavoratori, stremati, stanchi, delusi hanno tirato fuori l’ulteriore grido di dolore per chiedere a gran voce risposte, che non arrivano dalla proprietà ma soprattutto dal Governo, su quella che sarà l’ex ILVA di Taranto. Momenti di angoscia quelli di stamane davanti ai cancelli della fabbrica che si susseguono a quelli di rabbia. La misura è colma.

Siamo di fronte al delirio col solo immaginare di voler ancora negoziare con un negoziatore (Arcelor Mittal) al quale gli si è concesso di tutto. Da un piano industriale che non c’è, alla promessa di un’ambientalizzazione che nei fatti la invocano solo le persone e i lavoratori di questo territorio. Gli si è concesso non l’orgoglio di lavoratori che hanno contribuito col loro lavoro a fare grande questo Paese, ma un esercito di cassintegrati e di” ex” e una pioggia di milioni, che rischia di divenire grandine sullo spettro di una inimmaginabile deindustrializzazione e mancata ambientalizzazione.

Non c’è più nulla da dire né altro da aggiungere se non fare e fare bene e alla svelta.

Siamo di fronte a un problema che vede appese le sorti di una comunità intera e sarebbe delittuoso da parte del Governo insistere a “trattare” con chi nei fatti ha deciso di fare altro. Il Governo Meloni, non esiti, e spezzi le catene di questa insensata minaccia. Piuttosto, dopo i disordini di stamane, vada in discontinuità con le scelte dei Governi passati, peggio, le non scelte.

Mostri la sua autorevolezza adesso, e ascolti il grido di allarme che giunge dalla fabbrica e quello di un’intera città, ma soprattutto, non resti ancora spettatore di un’esibizione da parte di un soggetto industriale che è giunto già da tempo al capolinea di un viaggio che non è mai iniziato.

Coraggio, sono i lavoratori e Taranto che ve lo chiede!”

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