Siamo quasi alla “rivolta”. Il comparto del commercio è in ginocchio e ora si leva il grido d’allarme. Qui di seguito una nota di Confcommercio Taranto e la lettera inviata da 100 ristoratori al sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Iniziamo da Confcommercio.
“Siamo al tracollo! Ci avete tolto anche la Speranza”. Una sola voce, un solo disperato appello parte dalle imprese del commercio della provincia di Taranto.
Una dopo l’altra sulle vetrine e le serrande chiuse delle vie del commercio, desolatamente vuote del capoluogo tarantino, già dalle prime ore di stamane senza neanche attendere il completamento della distribuzione in tutta la provincia , campeggia una locandina rossa con una sola semplice scritta. “E’ il grido di dolore dei commercianti”, commenta una giovane imprenditrice che ora – dopo tre generazioni di commercianti- medita seriamente di chiudere l’attività messa su dai nonni, perché non sa se riuscirà a far fronte agli impegni ai quali, a partire da giugno, con la ripresa delle attività, dovrà far fronte.
Una storia non diversa da tante altre: timori, preoccupazioni, dubbi che si rincorrono di bocca in bocca; storie comuni tra i titolari dei negozi di vicinato della provincia tarantina.
Il 18 maggio dovrebbero ripartire ( il condizionale è d’obbligo, visto che già il 4 maggio ci si aspettava il via libera) buona parte delle attività del commercio, ma non è detto che la riapertura sia possibile per tutti se nel frattempo – sottolineano i presidenti delle Delegazioni territoriali di Confcommercio- non arriveranno risposte concrete e tangibili dagli Enti territoriali e dal Governo.
La carenza di liquidità è il problema comune, e ad oggi i percorsi avviati con le banche non hanno dato risposte adeguate alle richieste delle imprese. Burocrazia, inutili passaggi di carte rallentano la concessione del prestito garantito, tra l’altro la soglia dei 25 mila euro è davvero irrisoria.
Che dire poi dell’esiguo bonus non ancora riscosso dalla maggior parte dei beneficati o delle misure di sostegno al lavoro che le banche non sono disponibili ad anticipare per cui i dipendenti non percepiscono a tutt’oggi il reddito. Quanto poi alla tassazione locale, che la maggior parte dei Comuni ha fatto slittare di qualche mese , è impossibile che a luglio, quando dovrebbero arrivare le prime cartelle esattoriali, i commercianti siano nelle condizioni di farvi fronte. La Regione non diversamente, sembra persino trovare difficoltà nel far partire aiuti di minima entità come la misura sul Microcredito per le piccole imprese . Sul fronte Governo poi promesse, rassicurazioni, annunci, ma nulla di concreto ad oggi.
I commercianti -ormai stremati da 50 e passa giorni di fermo – hanno persino superato la soglia della paura: il COVID 19 non desta maggiore timore della prospettiva di dover licenziare i dipendenti, di non poter onorare gli impegni, di dover dichiarare fallimento.
Per ora si parte con una locandina rossa, ma la rabbia è tale che non è escluso che si scenda in strada sfidando decreti e autorità. La tensione è ormai alle stelle. Si fa fatica a impedire scatti in avanti di chi non intende aspettare il nuovo decreto economia.
RISTORATORI –
Circa un centinaio di ristoratori oggi hanno scritto al Sindaco di Taranto. Sono ristoranti e pizzerie che in città dalla fase di avvio del lockdown hanno dovuto chiudere le saracinesche e lasciare, dalla sera alla mattina le loro famiglie e quelle di circa 1500 dipendenti senza un futuro.
E’ un quadro che tratteggia la condizione di una categoria ben più ampia che tra diretti e indotto muoverebbe economie e stipendi per circa 5000 persone.
La lettera inviata al Sindaco è il frutto di preoccupazioni condivise – dicono i ristoratori tarantini – ma anche del tentativo da parte di tutti di trovare soluzioni possibili.
La Fase 2 rimarca infatti la necessità di continuare a preservare le prescrizioni previste dal distanziamento sociale e la categoria comincia a fare i conti tra spazi, processi di sanificazione da mettere in atto e le opportune misure di sicurezza tra un cliente e un altro.
Occorre coraggio e un’azione condivisa – sottolineano i responsabili del nuovo sodalizio Ristoratori Unione Taranto – e per questo chiediamo alle istituzioni coinvolte, dal Comune, passando per la Prefettura e l’ASL o la soprintendenza ai beni architettonici che regola insieme agli enti comunali la gestione degli spazi all’aperto di fornire una risposta adeguata ad una crisi senza precedenti.
Le richieste dei Ristoratori Unione Taranto vanno dall’azzeramento delle tasse comunali, alla cancellazione degli oneri per l’occupazione di suolo pubblico in caso di ampliamenti degli spazi esterni per la somministrazione di cibi e bevande, fino alla redazione di un protocollo d’intesa con prefettura e ASL per l’individuazione e lo snellimento delle procedure per operare in sicurezza massima per lavoratori e clienti.
Molti di noi non sanno se potranno riaprire – dicono nella nota diffusa alla stampa – per questo speriamo si possa aprire un tavolo di concertazione che prenda in considerazione il difficile momento che vive il comparto ma anche tutto il suo indotto e avviare così anche un percorso di sburocratizzazione e celerità delle procedure.
Sappiamo che l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha predisposto un documento presentato al Governo per l’istituzione di un fondo che dia immediatamente sollievo ai settori maggiormente colpiti dalla chiusura totale – commentano – per questo le risorse vanno calibrate sulla base della conoscenza reale delle problematiche e commisurate ad una crisi di vaste proporzioni da cui molti di noi rischiano di non rialzarsi.
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