MIGRANTI, SBARCATO 15ENNE PRIGIONIERO PER DUE ANNI

Lo raccontano i rappresentanti del 'Project staff Medici senza Frontiere'

520

“Le persone che abbiamo soccorso, la prima imbarcazione che abbiamo trovato vicino alla piattaforma petrolifera, era più di un giorno che erano in viaggio, erano alla deriva, non avevano più possibilità di utilizzare il motore e non avevano più grandi speranze di arrivare da nessuna parte”. Lo hanno dichiarato i  Berger Jay, Juan Paolo Manuel Sanchez e Luisa Albera, mentre è in corso lo sbarco di 176 migranti dalla nave Ocean Wiking arrivata questa mattina nel porto di Taranto.

“Se chiediamo ad ognuno di loro, ciascuno, purtroppo, ha una storia da raccontare – hanno detto ancora i rappresentanti di Medici senza Frontiere -. Possiamo raccontare la storia di un ragazzino di 15 anni che per due anni è stato tenuto prigioniero in un centro di detenzione. Non è accompagnato. Non ci sono diritti umani rispettati, questo é abbastanza chiaro. “Loro chiedono un porto sicuro, il primo che ci viene indicato è Tripoli, ma Tripoli non è considerato un porto sicuro in base a tutte le convenzioni internazionali. Non solo noi – hanno proseguito – pensiamo che la Libia non sia un porto sicuro. È un pensiero che è totale, globale, perché la Libia non rispetta i diritti umani e non rispetta alcuna convenzione. Quando abbiamo ricevuto da parte dalla Guardia Costiera libica l’invito a portare a Tripoli le persone che avevamo soccorso, abbiamo detto di no perché c’é una legge precisa che ci impedisce di portare le persone in un porto che non sia sicuro”. Parlando dei migranti a bordo della nave, gli esponenti di Medici senza Frontiere hanno dichiarato che “nessuno di loro stava bene per quello che hanno passato nei centri di detenzione, qualcuno anche per anni. Non ci sono però malattie gravi. Una generica condizione di salute buona in queste condizioni”. “Mentre quando siamo partiti da Marsiglia diretti verso la Libia, passando vicino a Lampedusa, in quel lunedì 7 ottobre, che purtroppo è rimasto nella storia – hanno rilevato -,c’è stato un naufragio dell’imbarcazione e le autorità italiane ci hanno chiesto di partecipare alla ricerca di eventuali sopravvissuti. È stato un grande passo per noi essere ingaggiati per una ricerca dalle autorità. Nonostante la ricerca, purtroppo non siamo riusciti a trovare nessuno. E anche in un’altra zona siamo stati chiamati dall’autorità libica. Se veniamo ingaggiati dalle autorità in questa tipologia di ricerca e soccorso, significa che c’è bisogno di più navi nella zona”. Osservato poi che “è cambiato l’atteggiamento”, in riferimento al salvataggio dei migranti in mare, “non lo era in passato e dovrebbe continuare ad essere così”. “In caso di soccorso e di richiesta di aiuto in mare, tutte le navi a disposizione dovrebbero essere ingaggiate nella ricerca – hanno concluso -. Si parla di vite umane ed è un diritto la vita. Continueremo la nostra missione”. (AGI)

Comments are closed.